‘Dodici’ di Zerocalcare: largo agli zombi! – Recensione Libro/Fumetto

È uscito il 17 ottobre Dodici, il nuovo libro di Zerocalcare, il fenomeno romano nel campo dei fumetti. Dopo La profezia dell’armadillo (2011), Un polpo alla gola (2012) e Ogni maledetto lunedì su due (2013), Zerocalcare, protagonista di tutti i suoi libri, si ritrova tra gli zombi. Tocca ai suoi amici Secco e Katja salvarlo. 

Chi ha letto i libri precedenti sa bene che, oltre che di dinosauri, Zerocalcare è un grande appassionato di zombi e finalmente anche lui fa parte di quel mondo che da tempo sognava di poter rappresentare. Anzi, sono loro a entrare nel mondo dell’artista, invadendo Rebibbia che anche qui fa da scenario.
Zerocalcare sembra, quindi, raccontare una storia diversa da quelle a cui ci aveva abituati; abbandona – ma non del tutto – le scene di vita quotidiana e sviluppa un copione ben più vicino a ciò che il lettore ha già assorbito attraverso una tradizione di cinema e letteratura ormai consolidata. Ma Zero resta sempre Zero e lo fa con le sue modalità. Sempre presenti, oltre al già citato Secco, il “giudizioso” Armadillo e l’amico cinghiale. Loro e i personaggi della cultura popolare che diventano la metafora di persone o, molto spesso, della sua coscienza, sono fondamentali per contestualizzare la vicenda. È vero che si parla della sfera dei non vivi, ma lo sfondo è sempre quello: la Rebibbia lenta, del carcere, dell’attesa. In una pagina intensa ce lo spiega in modo breve ma allo stesso tempo esaustivo, come solo chi ci vive sa spiegare.
Ovviamente gli zombi non stanno lì solo per inserire la trama nel campo dell’horror. Romero (eh, sembra proprio che non si possa fare a meno di nominarlo) li aveva usati decenni fa come allegoria dei suoi tempi. Si può dare lo stesso valore a quelli presenti in Dodici. Zerocalcare è consapevole della durezza della vita in questo momento storico che non può non trasparire dalle sue pagine: non può fare a meno di vederci come non morti.
A parte le interpretazioni, tutte e 95 le pagine, con un intreccio non lineare, portano l’inconfondibile ironia espressa in sovrapposizioni di registri linguistici, nell’improbabile attribuzione di parole a personaggi altrettanto improbabili, risultando come sempre spassose, creative ma al contempo semplici ed estremamente vicine alla realtà. 
Per chi è di Roma leggere Zerocalcare è sfogliare un libro sulla propria città, è ritrovare per iscritto espressioni gergali e colloquiali che regolarmente si pronunciano e che sulla pagina stampata fanno sorridere.

Chi non è di Roma, comunque, non disperi: l’accusa che egli stesso lamenta sul suo blog dello scrivere la solita storia generazionale non è affatto una nota negativa, e chi più o meno ha l’età di Michele (questo è il suo vero nome) sente di capire e sentirsi capito. Non è questo forse, il rendere partecipe il lettore, uno dei più grandi successi che un libro possa raggiungere?
Ora basta però. Tocca a voi leggere Dodici e catturare al meglio il talento di Zerocalcare.

Non sarà un libro perfetto ma riderete di cuore, anche soltanto leggendo la copertina.
Martina Sperduti

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