Il governo turco costruisce un nuovo muro separatorio al confine curdo-siriano

Rifugiati siriani osservano la costruzione del muro

Pochi giorni fa correva l’anniversario della caduta di un muro, quello di Berlino, che divise una città e creò due blocchi culturali contrapposti. La lezione di libertà che il mondo imparò 24 anni fa sembra non essere giunta a tutti però, infatti il governo turco ha deciso di alzare un muro separatorio sul confine sudorientale del paese dove risiede la minoranza curda. La decisone è stata annunciata un mese fa dal ministro degli esteri turco, Abdullah Gül, e solo pochi giorni fa le ruspe sono entrate in azione per scavare le fondamenta di una vera e propria barriera divisoria. Il governo di Ankara spiega di voler arginare il fenomeno dell’immigrazione clandestina che è aumentato spropositatamente dall’inizio della guerra civile siriana. Infatti negli ultimi due anni sono 500mila i rifugiati che hanno cercato asilo nella vicina Turchia. Un’ altra giustificazione espressa dal Ministero degli Esteri riguarda la possibilità, da evitare, che jihadisti in fuga dal conflitto siriano riparino verso il confine anatolico. 
Ayşe Gökkan durante la protesta
Il muro verrà eretto nella città di Nusaybin, a pochi chilometri dal confine. Il sindaco di questa cittadina, Ayşe Gökkan, ha messo in atto una protesta tutta personale: uno sciopero della fame che la prima cittadina sta proseguendo da sette giorni barricata dove il filo spinato ancora non è stato sostituito dal muro. Le rivendicazioni degli abitanti della zona sono state feroci negli ultimi giorni perché questa barriera significherebbe il blocco dei rifornimenti alimentari e di aiuti per la Siria. Sarebbe, inoltre, un duro colpo, per i curdi siriani e turchi che, seppur vivendo da un lato e dall’altro del confine, costituiscono una comunità unica. Intere famiglie verranno separate e non sarà più agevole oltrepassare la frontiera. A seguito delle proteste, il vicepremier turco, Bülent Arinç, ha dichiarato che non è in atto la costruzione di un vero e proprio muro ma sarà aggiunto del filo spinato a una struttura già esistente. Affermazioni incoerenti rispetto a quelle dei mesi scorsi e discordanti con le testimonianze provenienti da alcune fonti locali, le quali riferiscono di una struttura di acciaio ricoperta da cemento. 

The wall of shame”, come soprannominato da Ayşe Gökkan, è un nuovo schiaffo alla comunità curda che da anni sta cercando di raggiungere un livello accettabile di autonomia dalle istituzioni turche. Una nazionalità, quella curda, mai riconosciuta e oggetto di pesanti discriminazioni per tutto il XX secolo. L’unica forma di protezione della minoranza è stata messa in pratica dal Partito Curdo per la democrazia e per la pace (BDP), di cui Gökkan fa parte, che ha sempre agito con manifestazioni di rivendicazione non-violente a contrario del PKK, Partito dei Lavoratori del Kurdistan, che ha preferito la via della lotta armata per ottenere l’indipendenza. 
Ad ogni modo ancora non si sa se il governo turco tornerà sui propri passi per quanto riguarda la costruzione di questo muro. Nel mentre la minoranza curda resiste a quella barriera che potrebbe sancire la loro definitiva segregazione e afferma, attraverso le parole del sindaco Gökkan, che “come il muro di Berlino, questo muro diventerà una macchia nella storia dell’umanità”. 

Emanuele Pinna