Primo rappresentante latino del genere della favola, Fedro nacque in Macedonia e giunse a Roma come schiavo. Affrancato da Augusto, si dedicò all’insegnamento, sperando di ottenere la fama dalla sua poesia: ma così non fu. A causa della sua umile posizione sociale non fu apprezzato dai contemporanei, tanto che Seneca giunse a ignorarlo totalmente quando affermò che nessuno a Roma aveva intrapreso il genere della favola. Ma quello che Seneca non sa (e purtroppo nemmeno Fedro) è che oggi il favolista ha una fama universale: la semplicità, la chiarezza, l’incisività delle sue favole e soprattutto la carica di protesta sociale insita in esse lo hanno fatto apprezzare e stimare.
spinti dalla sete. Il lupo stava più in alto,
l’agnello molto più in basso. Ed ecco che quel brigante,
eccitato dalla gola insaziabile, mise in campo un pretesto di lite.
-Perché- disse- hai reso torbida l’acqua a me che
che bevo?-. Replicò l’agnellino, spaventato:
-Come potrei, di grazia, fare ciò di cui ti lagni, o lupo?
L’acqua parte da te e poi scende alla mia bocca-.
Sconfitto dalla forza della verità,
-Sei mesi fa- disse- hai sparlato di me-.
Rispose l’agnello:- Veramente non ero ancora nato-.
-Allora fu tuo padre, per Ercole, a sparlare di me-.
E così lo afferra e lo sbrana, dandogli ingiusta morte.
Questa favola è scritta per gli uomini
che con pretesti opprimono gli innocenti.”
Chi non conosce la favola del lupo e dell’agnello? O della volpe e l’uva (tanto famosa da essere divenuta proverbiale)? Sebbene l’autore del genere sia stato Esopo, che già aveva sviluppato i temi caratteristici della favola, Fedro riesce a dare significato e a trasporre nella Roma dell’età giulio-claudia le ingiustizie e i soprusi compiuti dal più forte verso il debole, dal potente verso lo schiavo, in modo nuovo e vivo. Il favolista vuole divertire il lettore lanciando però un monito, una morale: in poche righe, con linguaggio colloquiale e scorrevole, Fedro ci fa capire come vivano i deboli, coloro che, senza mezzi, devono approcciarsi al mondo e avere a che fare con il potere.
questo dimostra la favola che segue.
La mucca, la capretta e la pecora rassegnate ai torti
si allearono nei boschi con il leone.
Avendo esse preso un cervo di gran mole,
il leone fece le parti e così disse:
-Io mi prendo la prima perché mi chiamo leone;
la seconda me la darete perché sono forte;
la terza sarà mia perché sono più potente;
quanto alla quarta, guai a chi la tocca-.
Così l’intera preda si portò via da solo quel furfante.
Giulia Bitto
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