Edward Snowden in fuga verso l’Ecuador, mentre la Casa Bianca assiste impotente

L’America è nell’occhio del ciclone: mentre lo scandalo del Datagate continua ad infuriare in patria, la Casa Bianca lavora assieme ai suoi diplomatici per cercare di catturare Edward Snowden, il responsabile dell’enorme fuga di notizie che ha provocato “danni irreversibili” alla NSA, l’azienda di intelligence per la quale lavorava.
La questione della cattura di Snowden potrebbe lasciare strascichi anche nell’ambito delle relazioni internazionali. Gli Stati Uniti hanno già accusato Hong Kong di aver violato gli accordi bilaterali in materia di estradizione dei criminali, rifiutandosi di rispedire Snowden in America nonostante le legittime basi legali sulle quali si basava la richiesta. Il governo di Hong Kong ha non solo respinto la richiesta statunitense, dando protezione al fuggitivo per diverse settimane, ma gli ha anche permesso di lasciare il Paese per cercare asilo politico in uno Stato più “sicuro”. Snowden cercherà probabilmente rifugio nell’Ecuador del cristiano-socialista Rafael Correa, presidente del Paese che offre già rifugio a Julian Assange, sfidando così apertamente il governo di Washington.
Gli Stati Uniti, però, non hanno intenzione di lasciar perdere e cercheranno di “intercettare” Snowden prima che arrivi a Quito: gli occhi sono puntati su Mosca, dove l’ex contractor della NSA dovrebbe fare tappa prima di partire alla volta del Paese sudamericano. La Casa Bianca ha ricordato come “numerosi criminali di alto profilo siano stati estradati verso la Russia, su richiesta del governo russo”, aggiungendo poi di aspettarsi che Mosca faccia lo stesso con Snowden. Ma Putin fa orecchie da mercante, affermando tramite un portavoce che “la Russia non ha nulla a che fare con la questione”, e che Snowden si limiterà a fare scalo in un aeroporto russo, esulando quindi dalle competenze del governo di Mosca. Tutta la faccenda sottolinea la difficoltà che gli Stati Uniti hanno a trovare alleati duraturi in Asia: a ciò hanno contribuito anche le rivelazioni fatte da Snowden, che hanno dimostrato come il governo di Obama si adoperasse per spiare alcune potenze straniere senza il loro consenso (fra queste la Cina).
Quel che è certo è che Barack Obama e la sua amministrazione escono da questa faccenda con le ossa rotte. Pur non più costretto a inseguire il consenso popolare (è al suo secondo mandato, e non potrà essere rieletto una terza volta), questa vicenda potrebbe minare la sua posizione nel Congresso, rendendogli più difficile la già ardua impresa di modificare alcuni pilastri dell’ordinamento americano: armi, sanità e immigrazione, le tre parole d’ordine del Presidente proveniente dalle fila dei democratici.
Nonostante la fuga possa continuare a lungo, Snowden sa che molto probabilmente prima o poi verrà catturato: “Non puoi ribellarti alla più grande potenza spionistica del mondo e non accettare il rischio”, ha detto qualche settimana fa la spia ai microfoni del Guardian, “se loro ti vogliono prendere, prima o poi lo faranno”. Non è chiaro a quale pena andrà in contro Snowden, se catturato, poiché i precedenti in materia sono quasi inesistenti. C’è chi parla di un massimo di dieci anni di carcere, secondo quanto predisposto dall’Espionage Act, ma proprio la mancanza di precedenti potrebbe generare esiti inaspettati.
Giovanni Zagarella