Film d’animazione del Natale 2013

Frozen – Il regno del ghiaccio.

REGIA: Chris Buck, Jennifer Lee.
GENERE: Animazione. 
DISTRIBUZIONE: Walt Disney Pictures.

USCITA: 19 Dicembre 2013. 

Liberamente ispirato alla favola La Regina delle nevi di Hans Cristian Andersen, Frozen racconta di un mondo intrappolato in un inverno perenne. 

La protagonista è Anna, giovane ragazza piena di sogni e speranze che, insieme all’amico Kristoff e alla renna Svenn, tenterà di raggiungere la sorella Elsa, regina delle nevi, per riportare il mondo alla normalità e spezzare il “gelido” incantesimo. Il tutto all’insegna della magia: nel loro cammino i giovani incontreranno creature fantastiche ma, nella maggior parte dei casi, pericolose e riusciranno a giungere a destinazione non senza difficoltà.

Da vedere, magari il giorno di Natale per far felici i più piccini. La Walt Disney è sempre garanzia di qualità.

Piovono polpette 2 – La rivincita degli avanzi

REGIA: Cody Cameron, Kris Pearn. 

GENERE: animazione, commedia, family.
DISTRIBUZIONE: Warner Bros Italia.

USCITA: 25 Dicembre 2013.

Chi non ricorda l’ FLDSMDFR, la macchina per trasformare l’acqua in cibo dell’eccentrico inventore Flint Lockwood?!
Ebbene, questa volta il nostro schizzato protagonista vedrà realizzarsi il suo più grande sogno: verrà chiamato a far parte della Live Corp Company , una società che riunisce i più brillanti inventori del mondo, che si adoperano insieme per migliorare la vita della razza umana.
Tutto però si complica quando viene scoperto che l’ FLDSMDFR è ancora in funzione e minaccia l’esistenza dell’intera umanità. In compagnia degli amici che già conosciamo e di Barb, un orango altamente evoluto, Flint si ritroverà a combattere con gli “Animacibi” creati dalla sua pericolosa macchina, per salvare di nuovo il mondo intero.

Chi ha adorato Piovono Polpette, non può esimersi dal vedere il sequel; la speranza è di ridere almeno la metà di quanto abbiamo fatto per il primo!

Anime e Manga: l’influenza giapponese sulla produzione Hollywoodiana

L’ultimo decennio ha conosciuto un’esplosione di popolarità dell’animazione giapponese (anime) negli Stati Uniti. Muovendo da serie come Sailor Moon (1992) e Pokemon (1997) durante la metà degli anni Novanta, sino a Yu-Gi-Oh! (1998), Dragon Ball(1986), Full Metal Alchemist (2003) e Naruto(2002) nel corso degli anni 2000, l’anime è diventato una parte fondamentale dei media mainstream negli Stati Uniti e nel mondo occidentale. Gli studiosi di scienze della comunicazione, sociologia e antropologia, hanno recentemente indagato il fenomeno compiendo studi sugli elementi fantastici di anime e videogiochi, ricerche sull’ibridismo visivo dei corpi femminili e maschili in anime e fumetti, approfondendo il confronto visivo tra le produzioni occidentali e quelle giapponesi, ed analizzando il modo in cui i testi manga e anime sono consumati -quale prodotto- a livello mondiale. tutto questo, sempre da una prospettiva antropologica e sociologica.

Samurai Champloo
In un’epoca in cui la tecnologia dell’informazione genera nuove forme di media ad un ritmo esponenziale, diventa sempre più difficile tenere il passo con l’accelerazione di intertestualità, frutto dell’intreccio di contenuti diversi(come manga, anime, videogiochi e film live-action) e con la pletora di nuove strategie narrative e immagini prodotte negli anime e nei media. Sarebbe davvero impensabile poter apprezzare appieno Samurai Champloo (2004), senza prima aver visto anime create dal regista Shin’ichiro Watanabe ed altre anime Samurai, o conosciuto la scena musicale underground in Giappone durante la fine degli anni Ottanta!

Ghost in the Shell
La psicologia del personaggio è diventata una componente importante di sviluppo della storia nell’opera giapponese, ed è ancora più netta quando i manga vengono adattati in animazione. Mentre l’animazione in Occidente si focalizza sull’azione esagerata di animali umanizzati – si vedano ad esempio i cartoni animati della Disney, Looney Tunes, Warner Bros e le varie serie di Hanna Barbera -, l’animazione giapponese ha insistito sul suo stile statico, facendo per lo più ricorso a personaggi umani. Gli anime si concentrano sulle lotte emotive del protagonista, rese manifeste (ed enfatizzate) con le mutevoli espressioni facciali (ad esempio gli occhi esagerati) ed i movimenti del corpo. Uno degli anime più popolari nel mercato globale è Ghost in the Shell (1995) di Mamoru Oshii, opera che scava in profondità nel mondo simulato della psicologia umana e della realtà (più di qualsiasi altro anime prima del 1995), in cui l’eroina, Kusanagi è un cyborg che lotta con la sua identità. La storia è ambientata in un futuro distopico in cui la tecnologia agisce quale strumento di manipolazione degli umani, attraverso la ri–programmazione della memoria, denominata “Ghost”.

Dal film Blade Runner
Ghost in the Shell sarebbe stato influenzato dal film Blade Runner, sia da un punto di vista visuale che narrativo, e ricorderebbe anche Total Recall (1990). Con la cascata di dati binari verdi a riempire lo sfondo nero nella scena di apertura, sembra di guardare il monitor di un vecchio computer. L’universo gotico digitale, con il suo buio infinito dato dallo sfondo cupo, porta a sentirsi indirettamente parte di quel flusso di dati. Ghost in the Shell è un’amalgama di concetti astratti di spazio, tempo, convinzione e ricordi, non necessariamente logici né limitati da una percezione sequenziale. Esattamente questo immaginario avrebbe influenzato il film The Matrix (1999) – come testimoniano le immagini visive e l’argomento trattato -, la cui narrazione ruota attorno al tentativo di risvegliare il potere messianico di Neo, il protagonista, perché possa salvare la razza umana. La falsa realtà creata dalle macchine è uno strumento di inganno per far credere agli esseri umani di esistere in un mondo che assomiglia alla società americana fine anni Novanta.

Un altro esempio di influenza visiva di Ghost in the Shell sui media statunitensi risale al 2000 ed è rintracciabile nella serie televisiva Fox, Dark Angel, creata da James Cameron. Non solo Dark Angel utilizza tropi simili a quelli che compaiono in più anime di fantascienza – un universo distopico, questioni di identità ed emozioni ambigue nei confronti della tecnologia – ma anche condivide stili visivi e di impostazione, peraltro apparsi anche in spot pubblicitari statunitensi, film e video musicali alla fine degli anni ’90. E per quanto riguarda i videogiochi giapponesi? Qual è la loro relazione con la tecnologia e la produzione digitale occidentale?Precedentemente conosciuti per il loro immaginario piatto in 2D, i videogiochi giapponesi sono diventati molto popolari negli Stati Uniti sin dal 1980, imponendosi come uno dei principali passatempi intrattenimenti, superando addirittura la popolarità del film.

Videogioco Street Fighter 
Uno dei primi, amatissimi, videogiochi è stato Street Fighter (1987) – un rivoluzionario gioco arcade di combattimento della Capcom. In effetti, potrebbe essere stato questo incredibile successo, registrato soprattutto negli anni ’80 e ’90, a permettere agli anime di diventare una parte fondamentale della tradizionale culturale popolare degli Stati Uniti. Non solo un numero crescente di titoli anime ha guadagnato la popolarità in TV, ma gli stessi videogiochi hanno conquistato il cuore di centinaia di migliaia americani. Dato che i film hollywoodiani contemporanei sono fortemente orientati alla computer grafica, l’integrazione di immagini di anime e di approcci tecnologici potrà solo accelerare nel prossimo futuro. Ma a quegli spettatori americani che non hanno familiarità con la cultura giapponese, e che da essa tenderanno a dissociarsi, sarà ancora più difficile far riconoscere e apprezzare le forme visive originali e la sensibilità culturale Orientale.

Kaguya-Hime no Monogatari: sei minuti del capolavoro di Isao Takahata

Isao Takahata, famoso per aver diretto Hotaru no Hakari, Omohide Poro Poro, Pom Poko e altri lavori, torna con quello che potrebbe essere il suo ultimo film, Kaguya-Hime no Monogatari (かぐ や 姫 の 物語), e lo fa spingendosi oltre i confini della tecnica di animazione giapponese. Sono trascorsi dodici anni dall’ultimo film del maestro, My Neighbors la Yamadas ed il suo più recente lavoro, Winter Days del 2003, è stato un corto realizzato con 35 creatori di animazione nel mondo.

L’uscita del film, inizialmente prevista in contemporanea con quella di Kaze Tachinu (The Wind Rises), un altro film dello Studio Ghibli di Hayao Miyazaki, lanicato in Giappone nell’estate del 2013, è stata rinviata all’autunno 2013, per le preoccupazioni palesate dal distributore Toho, secondo cui gli storyboard non erano ancora completi. Il film Kaguya- hime no Monogatari (La storia della principessa Kaguya) farà così il suo debutto il 23 novembre 2013. Basato sul racconto popolare Taketori Monogatari, (La storia del tagliatore di Bambù) che ogni giapponese conosce e che è considerato il primo racconto popolare del Paese del Sol Levante lo script del film muove dalla seguente narrazione:

Un tagliatore di bambù trova all’interno di una pianta recisa una bambina, Kaguya, che decide di adottare e crescere insieme alla moglie. Divenuta una donna bella e affascinante, di una bellezza si direbbe leggendaria, cinque uomini provenienti da famiglie prestigiose si propongono a Kaguya. Ai pretendenti viene chiesto, senza successo, di trovare memorabili regali di matrimonio e di superare prove impossibili. Ci proverà anche l’imperatore del Giappone, ma la giovane donna rifiuterà anche lui. Kaguya è in realtà un essere appartenente ad un altro mondo. Proviene infatti dalla Luna e presto dovrà far ritorno al suo luogo di origine.

“La luna è un mondo senza problemi, troppo perfetto”, ha detto Takahata. “Ma per la principessa, la Terra è un luogo ancora più attraente grazie alle sue imperfezioni e al fatto che è pieno di vita e di colore”. Lo Studio Ghibli ha rilasciato in queste ore il bellissimo trailer ufficiale. Dalle prime immagini è possibile cogliere lo stile di disegno e i colori, “tipicamente” giapponesi e di una bellezza unica. Lo stile di animazione free-flowing, più espressionista, prende in prestito a piene mani dal mondo delle produzioni indipendenti dell’animazione cinematografica e appare piacevolmente diverso dallo standard Ghibli. Dunque, c’è da aspettarsi qualcosa di diverso rispetto ai pezzi di Hayao Miyazaki.
Kaguya–hime il è quinto lungometraggio del regista di Takahata, il cui eclettismo traspare spesso nei film che basa sulle storie popolari giapponesi, includendo molti elementi non convenzionali. Speriamo che il pubblico in Giappone, dove sette dei primi dieci film al box office 2013 sono animati, si riveli ricettivo e pronto ad apprezzare la sperimentazione stilistica di Takahata! “Credo che siamo stati in grado di raggiungere il nostro obiettivo di provare una nuova forma di espressione”, ha detto Takahata. “Sento che questo lavoro di animazione si spinge oltre”. A differenza dei film di animazione del passato, dai contorni e colori uniformi, le linee divengono di tanto in tanto sfocate e alcuni spazi non sono colorati. Quasi una storyboard incompiuta, in attesa di essere animata. Takahata aveva già esplorato un approccio simile nel suo precedente lungometraggio My Neighbors la Yamadas.

Volevo creare illustrazioni che restituissero la sensazione di un rapido schizzo, incorporando gli schemi di colorazione che per primi mi sono venute in mente” ha spiegato Takahata. “Volevo sfruttare la potenza delle vigorose linee disegnate dagli animatori e ho sentito che la realtà poteva essere meglio espressa attraverso schizzi, piuttosto che disegni dettagliati. Penso che gli spettatori saranno in grado di sentire l’ autenticità che si trova oltre le linee, stimolando la loro immaginazione e mescolando i loro ricordi“. Considerando la sua età e il tempo necessario per completare il lavoro del lungometraggio, il film potrebbe essere davvero l’ultima fatica di Takahata. Kaguya-hime no Monogatari è costato 5 miliardi di yen (50 milioni dollari), una cifra inaudita per un film giapponese, sia esso animato o live action. “Anche se non penso ai soldi quando sto realizzando un lavoro, l’unico problema che rimane dopo il completamento è come recuperare tutti i costi“, ha commentato Takahata .

Nuove principesse Disney, arriva Frozen – Il Regno di Ghiaccio, in uscita il 19 Dicembre

Frozen
(Frozen – Il regno di ghiaccio) 
Uscita: 19/12/2013 

Genere: Animazione 

Regia: Chris Buck, Jennifer Lee 
Paese: USa 

Dopo Rapunzel ecco arrivare una nuova protagonista nel nuovo lungometraggio d’animazione Disney dal titolo Frozen. Ispirato alla fiaba di Hans Christian Andersen “La regina delle nevi”, verrà distribuito negli Stati Uniti il 27 novembre e in Italia il 19 dicembre

Trama:

Diretto da Chris Buck e Jennifer Lee, il film vede protagonista Anna, eroina vivace che cercherà di salvare il suo regno imprigionato in un inverno senza fine: intraprenderà un viaggio epico, per trovare Elsa, sua sorella e Regina delle nevi, in grado di spezzare l’incantesimo.

Steafania Sammarro

Il castello errante di Howl – Recensione Film

Sophie, una dolce ragazza che lavora in un negozio di cappelli, viene salvata dalle angherie di due soldati dall’affascinante mago Howl, che prova immediatamente una grande simpatia nei suoi confronti. Appena tornata in negozio, però, subisce una terribile maledizione da parte della Strega delle Lande, gelosa dello stesso mago, di cui è innamorata da molto tempo, che trasforma Sophie in una donna anziana, privandola della sua giovinezza. La ragazza, in preda al panico, scappa via, rifiutandosi di rivelare la sua storia a genitori ed amici. Cercando rifugio, si imbatte nel castello errante dello stesso Howl, dove incontra il “demone del fuoco” Calcifer, uno spiritello che custodisce il castello stesso, consentendo il suo movimento. Sophie, per ringraziare Calcifer dell’ospitalità, lo ricambierà ripulendo il fatiscente castello e presentandosi allo stesso Howl, che non la riconosce a causa della maledizione, come nuova “donna delle pulizie”. A questo punto le storie di Sophie, di Calcifer e di Howl stesso si intrecciano in uno scenario che vede lo scoppio di una terrificante guerra tra regni, per cui lo stesso Howl è costretto a combattere contro forze ostili, fino a mettere a repentaglio la propria vita, e in cui Sophie, sempre più legata sentimentalmente al mago, si prenderà cura di lui, stremato e logorato dagli estenuanti combattimenti. Tra i due nascerà una fortissima storia d’amore, fortemente osteggiata dalla strega delle Lande, ma che alla fine consentirà mago e a Sophie di liberarsi  dalle proprie maledizioni, e di poter finalmente coronare il loro sogno d’amore.

La pellicola di Miyazaki è un melò raffinatissimo e mai banale, un fenomenale ibrido tra il classico Magic fantasy e lo Steampunk, in grado di affascinare ed attrarre costantemente il pubblico grazie alla spiccata capacità dell’animatore di Tokyo di creare una costante frenesia emotiva dovuta sia alle vicende ed al carattere dei personaggi (tutti azzeccatissimi) sia, come accennato, ai tumultuosi avvenimenti in cui i personaggi stessi si muovono. Uno dei più grandi punti di forza dell’opera di Miyazaki è quindi l’ambientazione storica, verosimilmente ispirata all’Europa del primo novecento, alle prese con il primo conflitto mondiale (lo si intuisce dai vestiti e dalle uniformi dei soldati, dall’urbanistica delle città che ricorda l’Alsazia, e da vicende storiche presenti nella pellicola e realmente accadute come il volantinaggio aereo da parte di D’Annunzio e l’affondamento in prossimità del porto della corazzata austriaca Santo Stefano) che conferisce alla vicenda una sorta di malinconica atmosfera retrò, arricchita di fascino dalla veridicità di alcuni avvenimenti storici ripresi nella pellicola.
Al fascino dell’ambientazione si aggiunge anche quello dei personaggi, di difficile lettura, sempre scostanti, sempre diversi nelle manifestazioni delle loro emotività, che risultano magnetici e intriganti, e rappresentano una continua sfida per l’osservatore che non sempre è in grado di leggere tutte le sfumature del loro carattere, sfumature che si riflettono sui disegni, che mutano al mutare degli sbalzi d’umore dei protagonisti (Sophie ringiovanisce ogni qual volta che si scopre innamorata del mago), che il disegnatore è quindi in grado di raffigurare magistralmente, esasperando talvolta persino le normali reazioni fisiologiche (vedi La strega delle lande che nel salire le scale del palazzo imperiale suda in maniera tanto copiosa da… sciogliersi). E così Howl è ora sicuro e pacato, ora in preda a crisi di panico, ora in uno stato catatonico (incarna il prototipo dell’intellettuale decadente in preda ad alcool o droghe?), e Sophie è insieme amante e madre dello stesso, in un’altalena emotiva appassionante e travolgente.

Forte anche la denuncia antimilitarista, che porta l’autore a rappresentare il castello errante stesso come  un dolce eremo, un rifugio dalla realtà e dalle atrocità della guerra, in cui Howl e Sophie cercano inutilmente di trovar riparo. Ma la guerra insegue gli uomini fino ai confini del mondo, fin dentro persino ad una realtà immaginaria, schiacciando Howl, i suoi desideri, le sue aspirazioni, fino a farlo diventare poca cosa di fronte alle atrocità del mondo, fino allo sfinimento (emblematica la scena del ritorno dai combattimenti aerei di Howl, che esausto torna al castello e si abbandona alle cure di Sophie). Un mondo che consuma gli individui, i loro amori, le loro passioni, spegnendo gradualmente la fiammella della loro umanità e trasformandoli in mostri. Ma i protagonisti trovano nell’amore la forza per vincere le avversità, facendo risorgere in un mondo devastato dall’orrore della guerra, un futuro di speranza.

Eccezionali i disegni (ma questa non è una novità), strepitose le scene di combattimento, le rappresentazioni delle città in preda alle fiamme e degli eserciti in lotta. Delicatissimi i ritratti dei protagonisti, che vengono rappresentati in tutte le sfumature del loro essere fino quasi alla caricatura. Ottima la sceneggiatura, frenetica e schizofrenica quanto basta per creare un’atmosfera velata e misteriosa. Menzione particolare per Hisaichi e Kimura, che compongono una delle colonne sonore più belle degli ultimi anni, che permette al Castello errante di Howl di stregare anche le orecchie, oltreché la vista. In definitiva la fatica di Miyazaki è annoverabile tra i capolavori del cinema di animazione, un’opera destinata a diventare un punto di riferimento per chiunque voglia approcciarsi al genere, un’opera destinata insomma, a fare epoca!

Francesco Bitto