Non è un Paese per dimissionari: Cancellieri, Vendola e le dissomiglianze con l’Europa – L’ANALISI

Mentre le procure e le forze parlamentari si interrogano su colpe e doveri di Annamaria Cancellieri, la gente comune non ha dubbi: sono necessarie le dimissioni. Le intercettazioni tra la famiglia Ligresti ed il Ministro della Giustizia, diffuse da tutti i principali mezzi di informazione nelle scorse settimane, hanno scatenato l’ennesimo vespaio all’interno della politica italiana, riuscendo a mettere d’accordo forze politiche tanto diverse tra di loro nel chiedere al Ministro di fare un passo indietro. Nonostante ciò la Cancellieri ha dichiarato la sua assoluta innocenza, rifiutando di rassegnare le dimissioni e pretendendo rispetto per la sua persona. 
Il caso Cancellieri fa il paio con un’altra polemica scoppiata negli ultimi giorni, quella relativa alla conversazione intercettata tra Girolamo Archinà e Nichi Vendola: una discussione che non costituisce elemento d’accusa, certo, ma altamente dannosa per l’immagine e la credibilità del Presidente della Puglia. Anche in questo caso il leader di SEL ha proclamato la sua estraneità ai fatti, assicurando che si difenderà in tribunale e che non intende rinunciare alle sue cariche. 
I casi Vendola-Cancellieri hanno in comune il rifiuto netto e immediato dei due protagonisti alla possibilità di dimettersi. Lo strumento dimissionario è scarsamente tenuto in considerazione in Italia: gli eletti rifiutano di abbandonare l’incarico anche se su di loro pendono uno o più processi, o se addirittura la pena è stata confermata. Attorno all’indagato il partito si erge a difesa in maniera compatta, costituendo un muro sordo alle richieste della base e del resto dell’arco istituzionale. Questa macabra tendenza non conosce colore politico, e ha riguardato senza distinzioni tutte le fazioni, da destra a sinistra. 
Ancor più macabro è il fatto che tale atteggiamento è comune a pochissimi Paesi in Europa: nel resto del Vecchio Continente, le dimissioni politiche sono un fatto pressoché obbligato allo scoppiare di uno scandalo; la stessa concezione di immoralità è ben più ampia che da noi, e comprende azioni ed eventi che sono reputati la normalità in casa nostra. 
Dominque Strauss-Kahn
Esempi? In febbraio, il Ministro dell’Educazione tedesco Annette Schavan è stata accusata di aver copiato la sua tesi di dottorato. Pochi giorni dopo la Schavan si è dimessa da tutti gli incarichi, pur continuando a dichiararsi innocente. In Inghilterra il Ministro della Difesa Liam Fox ha presentato le dimissioni dopo essere stato accusato di aver favorito, tramite il proprio potere istituzionale, un amico di famiglia. E che dire dell’ex Presidente del FMI, Dominique Strauss-Kahn, dimessosi subito dopo essere stato accusato di stupro e scagionato da tutte le accuse pochi mesi più tardi? 
Ciò che stupisce, nelle vicende estere, è l’immediata presa di posizione dei partiti dei personaggi coinvolti. Nessuno di loro oserebbe schierarsi al fianco di un imputato, e questo non solo per una questione morale, ma anche e soprattutto per uno spietato calcolo utilitaristico: la base elettorale reagirebbe infatti in maniera feroce, vendicandosi sui responsabili alle seguenti elezioni e negando loro il ritorno in Parlamento. 
Quali che siano le cause della tendenza anti-dimissionaria italiana, la soluzione esiste, e consiste nel dotare i cittadini di strumenti reali di influenza alle elezioni. L’attuale sistema elettorale, attraverso il meccanismo del vote bloqué, assicura infatti impunità politica ai responsabili degli scandali parlamentari, garantendo uno scranno a tutti quanti si trovino abbastanza in alto nelle gerarchie di partito. Sistemi elettorali come quello tedesco, inglese, francese e americano garantiscono un vero e proprio legame fiduciario tra elettore ed eletto, che vincola il parlamentare alla propria base e garantisce la sua rimozione in caso di scorrettezze. 
Solo attraverso meccanismi come questo può essere garantito un ricambio ciclico ed essenziale all’interno della classe politica. Ma non solo: grazie ad essi il cittadino è stimolato ad informarsi, documentarsi ed interessarsi della politica. In sostanza può tornare al centro di essa, esercitando un potere che da (troppo) tempo è stato obbligato a delegare ad altri.


Giovanni Zagarella