Non ne poteva più dei soprusi, delle vessazioni, delle violenze. La polizia, la stessa che ora lo intimava di abbassare le mani, lo aveva picchiato fino a ridurlo in sedia a rotelle. E così Ji Zhongxing, 34 anni, disabile, aveva costruito una rudimentale bomba per vendicarsi; e ha scelto il terminal 3 dell’aeroporto di Pechino, tra i primi 10 per traffico passeggeri, per mettere in atto il suo piano. Alle 12:40 di ieri, dopo aver cercato inutilmente di farsi notare, Ji Zhongxing ha alzato le braccia al cielo, l’ordigno nella sinistra, l’innesco nella destra, e ha fatto fuoco.
La vicenda, riportata per primi dai tweet dei presenti, è ancora coperta dal massimo riserbo, ma fonti dirette riferiscono di una fortissima esplosione ma nessun ferito, attentatore a parte: l’uomo, proveniente dal Sud della Cina, sarebbe stato condotto in ospedale ma non sarebbe in pericolo di vita. Resta invece la grande paura con conseguente evacuazione dell’aeroporto: il timore, poi rientrato, era quello di un attacco terroristico di ben più vaste proporzioni. Ma la vicenda di Ji Zhonxing, sulla quale vi terremo informati, deve comunque far riflettere il lettore occidentale sul “Miracolo Cinese”: siamo sicuri che sia tutto oro quel che luccica? Qual è il prezzo di una crescita del P.I.L. del 9% annuo? Possiamo permettere a un paese ritenuto da più parti “repressivo delle libertà fondamentali” di guidare l’economia globale? Chi sono le vittime del capitalismo cinese? A presto, per nuove risposte.
Roberto Saglimbeni