I cancri dell’Italia – L’ambiente (Parte 5)

Parte 4: La corruzione

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Il territorio in cui viviamo trema, frana, avvengono disastrose alluvioni ormai annualmente, le grandi città sono costrette a bloccare il traffico per lo smog sempre più frequentemente. Si può affermare che i danni ambientali sono ormai tangibili quotidianamente, in Italia come in molti paesi del mondo, ma qui questi avvenimenti portano con sé molto spesso delle vittime. Il processo di devastazione ambientale è sotto responsabilità mondiale, oppure lo Stato italiano porta con sé delle colpe? Ed in ogni caso come si potrebbe rimediare a questa situazione a livello nazionale?

È necessario scomporre la questione in vari aspetti: prendendo i problemi ambientali uno per volta, si può iniziare sicuramente dall’inquinamento atmosferico. Con 550 milioni di tonnellate di CO2, l’Italia è il terzo paese europeo per emissioni, in ascesa negativa rispetto al quinto posto del 1990 e al quarto del 2000. Nonostante gli obiettivi stabiliti dal Protocollo di Kyoto entro il 2010, un taglio della CO2 del 6,5% rispetto al 1990, le emissioni lorde italiane sono invece cresciute del 7%, soprattutto a causa dell’aumento dei consumi per trasporti, della generazione di energia elettrica e della produzione di riscaldamento per usi civili. Un settore che contribuisce tantissimo alla difficile situazione ambientale del nostro paese è quello della mobilità: l’Italia è infatti il paese con la più elevata quantità pro capite di mobilità motorizzata. Nel trasporto terrestre i mezzi privati coprono circa l’82% della domanda. Anche le merci continuano a viaggiare prevalentemente su strada, poco in nave e ancora meno su ferrovia. La soluzione sembra sotto i nostri occhi, rafforzare le reti ferroviarie italiane, incentivare il trasporto pubblico e al contempo tassare l’uso continuativo di trasporto su gomma di merci e anche l’eccessivo uso privato di automezzi, aumentando le aree pedonali e le piste ciclabili.
In tema di rifiuti, l’Italia, si sa, non è certo uno Stato virtuoso, basti ricordare la crisi di Napoli nel 2008 e i più recenti problemi a Palermo e in Sicilia. Su questo tema il divario Nord-Sud si fa imponente: la raccolta differenziata vola infatti in Trentino Alto Adige (53,4% del totale), Veneto (51,4%), mentre langue spaventosamente al Sud. In particolare sono decisamente basse le percentuali di riciclo realizzate da Molise (4,8%) e Sicilia (6,1%). La raccolta differenziata dovrebbe essere organizzata a livello nazionale, con specifici centri di compostaggio e riciclo sparsi sul territorio, così da permettere all’Italia di superare la quota del 50% di raccolta differenziata dei rifiuti.

Venendo al problema che attanaglia attualmente il territorio italiano, ovvero i terremoti e le alluvioni, è necessario sapere che il nostro territorio è estremamente fragile, dato che semplici temporali provocano continui allagamenti e disagi per la popolazione. Le cause vanno ricercate soprattutto nella pesante urbanizzazione e nella speculazione edilizia: fenomeni che sarebbe un errore considerare legati solo al passato. Se al Sud la costante aggressione al territorio continua a manifestarsi principalmente con l’abusivismo edilizio, al Centro-nord si perpetuano interventi di gestione dei fiumi che seguono filosofie tanto vecchie quanto inefficaci, che puntano su infrastrutture rigide invece che sul rispettoso e l’attenzione alla dinamica e all’habitat fluviale. L’eccessiva antropizzazione delle aree di esondazione naturale dei corsi d’acqua e dei versanti franosi e instabili rappresenta un ulteriore problema. Nello specifico, le regioni con le più alte percentuali di comuni con abitazioni in zone a rischio sono la Sicilia (93%) e la Toscana (91%).
A causa del dissesto idrogeologico italiano sono morte 10.000 persone dal 1900 ad oggi, e se pensiamo che, secondo i dati di Legambiente, la quota di comuni a potenziale rischio idrogeologico più alto sono il 68,9%, la situazione pare allarmante. Lo è ancora di più se sappiamo che i dati sull’abusivismo edilizio ci dicono che dal 2003, anno dell’ultimo condono edilizio, a oggi, sono state costruite oltre 258 mila case illegali, per un fatturato complessivo di 1,8 miliardi di euro. Non possiamo permettercelo, un territorio così fragile come quello italiano andrebbe risanato e non continuamente violato. Sempre Legambiente stima in 43 miliardi di euro la cifra utile per mettere in sicurezza il territorio: un piano che prevede questi interventi dovrebbe essere prioritario nell’agenda del governo o di qualsiasi partito italiano.
Per quanto riguarda i terremoti, in Italia, possiamo attribuire alla pericolosità sismica un livello medio-alto, per la frequenza e l’intensità dei fenomeni che si susseguono. La penisola italiana, però, rispetto ad altri Paesi, come la California o il Giappone, nei quali la pericolosità è anche maggiore, ha una vulnerabilità molto elevata, per la notevole fragilità del suo patrimonio edilizio, nonché del sistema infrastrutturale, industriale, produttivo e delle reti dei servizi. Ad esempio l’indagine aperta successivamente al terremoto del 2009 a L’Aquila sta cercando di capire le concause dei crolli di edifici pubblici come l’ospedale o la casa dello studente col sospetto che per la loro costruzione possa essere stata usata sabbia marina. Alla consapevolezza di vivere in un territorio a rischio sismico non è mai conseguito un piano di costruzione di edifici specifici nelle zone minacciate e questo fa riflettere, perché risulta troppo facile accorgersi delle inefficienze solo dopo che accadono le tragedie.
In questi temi non si sta dibattendo di pura ecologia e di rispetto dell’ambiente fine a sé stesso, ma della protezione dei cittadini, della salvaguardia delle loro vite. Questa è una questione prioritaria, è un’emergenza adesso e siamo ancora in tempo affinché non avvengano altri disastri e ci siano altre vittime.

Emanuele Pinna