Era infatti il 1998 (!) quando il Comune di Roma e l’odierna EUR Spa indissero un bando di gara per la realizzazione di un nuovo Palacongressi, ed era il 2000 quando la giuria, con a capo il celebre Norman Foster, assegnò la vittoria al romano Fuskas, ideatore della beneamata Nuvola. Poi 7 anni di silenzio e, infine, nel 2007, la posa della prima pietra alla presenza dell’allora sindaco Veltroni. Da quel giorno di oltre sei anni fa la Nuvola ha visto passare ben tre amministrazioni (Veltroni, Alemanno, Marino) e ha assorbito oltre 200 milioni di euro ma “ne servono altri 170 per portare a termine il progetto”, ricorda l’architetto. Con gli stessi soldi si potrebbero fare progetti di ogni tipo: ristrutturare scuole, pagare stipendi, finanziare fondi per studenti, invalidi, meritevoli, aiutare la ricerca e altre iniziative più o meno urgenti, ma noi siamo il paese delle nuvole e amiamo stare sulle nuvole: “Nuvole celesti, sono, Dee solenni degli scansafatiche. Esse le idee ci dànno, la dialettica, l’inganno, l’ingegno, la chiacchiera, il ghermire concetti, il dar nel segno!” (Discorso di Socrate da Le Nuvole, di Aristofane).
Perché vedete, miei cari lettori, il fatto sconvolgente non è tanto (o non è solo) che in Italia ci si mettano 15 anni a costruire una struttura che “in Francia sarebbe pronta in due anni e mezzo” (cit. ing. Duccio Astaldi, costruttore della Nuvola). A Messina, per non scomodare l’eterna Sagrada Familia, ci hanno messo trent’anni a scopiazzare la linea del Palacultura cittadino dal Municipio di Boston (incluso, tra l’altro, tra i 10 edifici più brutti al mondo). Lo scandalo del progetto di Fuksas è come la capitale non sia stata in grado di proporre un piano correlato alla Nuvola che permettesse la riqualificazione del quartiere dell’EUR, non più periferia, ma vera e propria zona polifunzionale di Roma. Ma, come ci ricorda Giuseppe Pullara su Corriere.it, l’incapacità dei manager nostrani si misura anche in questo: pensate che La Lama, albergo annesso alla Nuvola, è a tutt’oggi invenduto. Come a dire: mentre non finiamo l’opera principale facciamo marcire tutto il resto…
Roberto Saglimbeni