L’Ucraina, il gatto e la volpe – Risposta a La Repubblica

Riceviamo e pubblichiamo un articolo di un nostro collaboratore esterno, Alfredo Crupi, in risposta all’articolo di La Repubblica Online che trovate al seguente link.

La Repubblica online posta oggi un articolo sull’Ucraina scossa dalle manifestazioni dei dimostranti favorevoli a chiudere l’accordo con l’Ue che il loro governo aveva invece ritenuto insoddisfacente. 
Il titolo lancia l’allarme: “Ucraina, polizia sfonda le barricate dei manifestanti europeisti”. 
Il sottotitolo rincara la dose: Attacco di oltre mille agenti nei confronti delle 10 mila persone che occupano piazza Indipendenza a Kiev. L’Unione Europea: “No a violenza contro chi manifesta pacificamente”. Indetta per oggi una manifestazione: prevista la partecipazione di “milioni di cittadini”. Gli Usa: “Disgusto per l’azione delle forze dell’ordine” 
L’orientamento di questo giornale è da sempre manifestamente filo-occidentale e anti-Russo. Ci tiene alla democrazia, il quotidiano di Scalfari.
E dal titolo e dal sottotitolo i nostri bravi giornalisti fanno trapelare tutto il loro sdegno contro questa intollerabile repressione, facendo propri e diffondendo al mondo i duri moniti degli Usa e dell’Ue (che è parte in causa, e dovrebbe tacere, quanto meno per un sospetto conflitto d’interessi…)
Però a leggere l’articolo si possono notare alcune cosette interessanti, che dovrebbero risvegliare la nostra attenzione e il nostro senso critico. A maggior ragione in quanto emergono da un articolo pubblicato su un giornale chiaramente a favore dei dimostranti.
Vediamone alcune, cogliendo fior da fiore:
“Tra i manifestanti ci sono persone armate di mazze e bastoni. In viale Khreshatik dei manifestanti appartenenti a un gruppo paramilitare hanno a loro volta accusato quattro giovani armati di spranghe e bastoni di essere dei “provocatori” e sono venuti alle mani con loro, poi uno dei paramilitari ha afferrato uno dei quattro per il bavero della giacca e lo ha minacciato con una pistola”.
“I poliziotti finora si sono fatti largo più a colpi di scudo che di manganello, ma alcuni scontri si sono verificati quando gli agenti hanno tentato di arrestare dei manifestanti”.
“Nella notte tra lunedì e martedì, la polizia aveva sgomberato i manifestanti che presidiavano barricate nel vicino quartiere governativo, interrompendo il passaggio ai rappresentanti del governo e allo stesso presidente”. 
 “Il presidente ucraino ha denunciato “gli inviti alla rivoluzione”, che “minacciano la sicurezza nazionale”. In un gesto distensivo verso l’opposizione, invece, ha annunciato che avrebbe chiesto il rilascio dei manifestanti arrestati dopo gli scontri con la polizia durante una manifestazione di massa il 1 ° dicembre”.
“Ha anche detto che una delegazione si recherà oggi a Bruxelles per proseguire le trattative per un accordo con l’UE. Dal canto suo, l’Unione Europa ha chiesto al governo ucraino di evitare ogni azione violenta nei confronti dei dimostranti”. 
“nella notte, in una nota diffusa alla stampa, la Ashton ha denunciato con forza l’azione “non necessaria” della polizia”. 
“Anche il segretario di Stato Usa, John Kerry, ha espresso il suo sdegno per l’azione repressiva in corso da parte del governo ucraino. “Gli Stati Uniti sono disgustati per l’uso della forza contro manifestanti pacifici – ha detto Kerry – Siamo con il popolo ucraino, siamo per il diritto a manifestare liberamente e pacificamente. Il governo di Kiev non ha il diritto di mandare contro manifestanti pacifici le forze di polizia in assetto da guerra, non ha il diritto di attentare così alle libertà democratiche e alla sicurezza dei cittadini. La vita umana deve essere rispettata. Il governo ucraino si porta tutta la responsabilità della sicurezza del suo popolo”.  Washington “esprime il suo disgusto per la decisione delle autorità ucraine di rispondere alla manifestazione pacifica in piazza Maidan a Kiev con polizia antisommossa, ruspe e manganelli, piuttosto che con il rispetto per diritti democratici e la dignità umana”, ha detto Kerry. “Questa risposta non è né accettabile né un bene per la democrazia”, ha aggiunto il segretario di Stato”.
Riassumiamo: manifestanti armati di mazze e bastoni, con al proprio interno gruppi paramilitari in divisa armati di pistole, occupano le sedi del municipio, impediscono il passaggio del Presidente e del governo, paralizzano le città e minacciano la rivoluzione.
In risposta il presidente cerca una soluzione negoziata, si adopera per far liberare i fermati, la polizia si fa largo con gli scudi senza nemmeno usare i manganelli. 
Gli USA e l’Europa esprimono disgusto per la violenza poliziesca…
Ma questi gentili signori dov’erano quando la polizia turca massacrava anche con armi chimiche manifestanti davvero pacifici e disarmati? Dove quando i ragazzi palestinesi venivano trucidati in massa con Israele che cannoneggiava le scuole con la bandiera dell’Onu esposta? E cosa farebbe in condizioni analoghe la nostra polizia? Quale violenta attività repressiva ha già più volte messo in campo, cosa è successo alla Diaz e in cento altre simili situazioni? E qualcuno ha visto la “delicatezza” con cui negli Usa sono stati sgombrati gli aderenti a “Occupy Wall Street…”? 
Cosa farebbe la polizia italiana se a fronte di una scelta di politica economica commerciale del nostro governo scendessimo in piazza con caschi, mazze  e bastoni, ostentando la presenza di gruppi in divisa con armi da fuoco, assaltassimo i municipi e le sedi di partiti e sindacati, bloccassimo l’accesso al parlamento e alla sede del governo, impedissimo al presidente di raggiungere le sedi istituzionali?
E queste manifestazioni perché? Perché il governo Ucraino non ci ha visto chiaro nelle proposte di accordo che l’UE ha offerto, le ha ritenute meno convenienti di quelle che proponeva la Russia…Non conosco i termini della questione, ma questi manifestanti lo sanno quale crisi sta attraversando l’Europa? Hanno visto oppure no cosa è successo alla Grecia per avere osservato le indicazioni della Troika? Sono al corrente che in molti paesi europei è sempre più forte la tentazione di uscire quanto meno dall’unione monetaria?
I manifestanti erano circa diecimila, nei giorni scorsi sono arrivati ad essere circa centomila, tanti, ma molti meno di quanti abitualmente ne scendono in piazza in Spagna, Francia, Portogallo, Grecia, Italia, senza riuscire a farsi ascoltare…
E tranquilli, anche in Ucraina c’è la democrazia con libere elezioni, e la Timoschenko è in carcere non perché perseguitata ma perché negli altri paesi del mondo, a differenza dell’Italia, i politici ladri e corrotti che si arricchiscono truffando, li arrestano e li processano. 
Non sto sostenendo che siccome i nostri governanti sono sordi e la nostra (e altrui) polizia talvolta violenta, allora dobbiamo giustificare anche la sordità e la violenza nelle altri parti del mondo, voglio solo riflettere sull’indignazione che mi provoca il disgusto a comando dei governi di Usa e Ue, che utilizzano indebitamente la “piazza” dei dimostranti per imporre gli accordi commerciali a essi favorevoli.
Un’ultima domanda. I gruppi paramilitari non s’improvvisano: chi li arma, chi li protegge, chi li addestra?  
Insomma, i cittadini ucraini devono essere liberi di decidere il proprio destino, ma consiglio loro di diffidare dagli amici interessati, suggerisco la lettura del capolavoro di Collodi nella parte in cui si narra degli Usa e dell’Ue, scusate, del gatto e la volpe…. 

Alfredo Crupi

Ucraina: un migliaio di manifestanti blocca l’accesso della sede del governo a Kiev

Stoyan Nenov, Reuters
Questa mattina alle 9:30 (orario ucraino) circa mille persone si sono radunate nelle strade attorno all’edificio del governo con lo scopo di impedire l’accesso ai membri dell’esecutivo. Proprio ieri altri manifestanti avevano occupato la sede del municipio di Kiev, la capitale dell’Ucraina. 
Questi due atti di protesta sono solo gli ultimi di una settimana caldissima per il governo di Viktor Janukovyc che sta per dichiarare lo stato di emergenza. L’esecutivo ha dovuto affrontare le manifestazioni pacifiche dell’opposizione e la più agguerrita ribellione di quasi 200mila persone che si sono riunite spontaneamente nel centro di Kiev, precisamente in Piazza Indipendenza. 
I motivi di queste ampie forme di dissenso sono dati dalla decisione dell’esecutivo filo-russo di Janukovyc di rinunciare alla firma di accordi economici e di inserimento completo nell’Unione Europea. L’incontro tra il governo di Kiev e i vertici dell’Ue si doveva tenere il 29 novembre a Vilnius, in Lituania, ma è saltato perché il presidente Janukovyc pretendeva la partecipazione di alcuni esponenti del governo di Mosca al summit. 
La risposta negativa dei leader Ue, che avevano stabilito che l’incontro fosse bilaterale, ha scatenato la furia della gente comune contro il governo. Infatti secondo gli oppositori non è più accettabile che la Russia possa esercitare questo tipo di intromissioni. 
Al grido di “l’Ucraina è l’Europa”, i manifestanti stanno invadendo le strade di Kiev dal 22 novembre. Soprattutto negli ultimi giorni ci sono stati scontri con le teste di cuoio mandate dal governo e si è arrivati ad un totale di quasi 200 feriti. 
Julija Tymoshenko
Le proteste europeiste si sono unite alle richieste di scarcerazione dell’ex premier Julija Tymoshenko, in carcere dal 2011 per abuso di potere. I suoi gravi problemi di salute non sono stati sufficienti a convincere il parlamento ucraino a votare a favore della liberazione. A determinare l’esito negativo della votazione è stata la decisiva astensione del partito di Janukovyc ed è per questa ragione che l’opposizione ha rinforzato le critiche verso il suo governo. 
La battaglia sociale che si sta verificando ultimamente in Ucraina deriva dalla fondamentale divisione tra i sostenitori di un totale inserimento nell’Unione europea e chi invece si ritiene legato alla Russia. Quest’ultima ha sempre avuto un importante partenariato economico con l’Ucraina, soprattutto dal punto di vista della fornitura di gas. 
Arrivare ad un compromesso tra queste due componenti sociali appare più che necessario, in questo modo si può ritornare alla pacificazione politica che è scomparsa insieme all’arresto della Tymoshenko. La Rivoluzione arancione del 2004 non è stata dimenticata dagli ucraini, i quali sembrano pronti a riprendersi il potere come avevano fatto quasi dieci anni fa. 

Emanuele Pinna

Si infiammano le proteste in Bulgaria: migliaia di studenti manifestano nelle strade di Sofia

I manifestanti a Sofia (Stoyan Nenov, Reuters/Contrasto)
Da cinque mesi a questa parte non cessano le proteste in Bulgaria, studenti e lavoratori si trovano uniti nel chiedere le dimissioni del governo. Circa 500 università del paese balcanico sono state occupate in quest’ultimo mese, i lavoratori si sono riversati nelle strade protestando contro le politiche di austerità che dal 2007, anno di ingresso nella Ue, il governo di Sofia sta portando avanti. Inoltre negli ultimi anni gli scandali di corruzione sono diventati abitudine e conoscenza comune tra i cittadini bulgari, per questo motivo le giovani generazioni, unite ai sindacati e alle élite culturali, si stanno ribellando. 
La manifestazione più eclatante è avvenuta mercoledì mattina quando un centinaio di studenti ha marciato verso il parlamento. Indossando armature di carta e imbracciando fucili giocattolo, gli universitari hanno inscenato un vero e proprio assalto all’assemblea legislativa. Subito fermati dalle forze dell’ordine in tenuta anti-sommossa, i ragazzi al grido di “Ostavka” (dimissioni) hanno ancora una volta cercato di far pressione sull’esecutivo di Plamen Oresharski. Fortunatamente fino a questo momento si sono susseguite solo proteste non violente e questo rende onore ai manifestanti. 
Secondo alcuni sondaggi più di tre quarti dei cittadini bulgari supportano queste proteste. La popolazione non ha sicuramente ottenuto benefici dall’ingresso nell’Unione Europea, anzi ha dovuto adeguarsi alle politiche di austerità che, seppur mettendo in ordine i conti pubblici, hanno causato una crescita della disoccupazione e un innalzamento della soglia di povertà, sotto la quale vive un quinto dei cittadini. Inoltre la gente comune è stanca della diffusione della criminalità organizzata, la cui influenza si è espansa anche ai settori pubblici. 
Plamen Oresharski
La pressione dei manifestanti è stata sempre più forte dal maggio di quest’anno quando al governo si è insediato Plamen Oresharski, leader del Partito Socialista bulgaro, che è sostenuto da una maggioranza parlamentare che conta sul decisivo appoggio del partito della comunità turca e dall’Ataka, un movimento xenofobo. Questa maggioranza risicata dà poca legittimazione politica ad Oresharski che attualmente si trova nell’occhio del ciclone e viene accusato dall’ex premier Borisov di sostenere politiche comuniste e di repressione delle critiche. Infatti anche se le proteste infiammano le due principali città bulgare, Sofia e Plovdiv, pochi media internazionali riportano la notizia delle numerose manifestazioni di questi ultimi mesi.
La situazione in Bulgaria sta per precipitare, il clima di tensione e di aperto scontro tra manifestanti e polizia è davvero dietro l’angolo. A questo punto è necessario che il governo di Sofia prenda una decisione fra le due possibili scelte: dare la parola ai cittadini attraverso nuove elezioni oppure cambiare radicalmente le politiche pubbliche accontentando le richieste dei cittadini in protesta. 

Emanuele Pinna