Carlo Emilio Gadda, l’ingegnere che oggi compie 120 anni

Centoventi anni fa nasceva a Milano una delle personalità più eclettiche, bizzarre, vulcaniche e sfaccettate del nostro Novecento italiano: Carlo Emilio Gadda
Un <>, come egli stesso era solito definirsi, che ha letteralmente rivoluzionato il modo di fare letteratura e soprattutto di dare origine ad un romanzo. Dopo di lui, tutti gli scrittori sono stati in qualche modo obbligati, sia per ammirazione sia per disaccordo, a confrontarsi con una tale pietra miliare della nostra letteratura. Ossessionato dalle sue stesse nevrosi e psicosi, spesso nei suoi scritti dà origine a delle vere e proprie controfigure, uomo dimidiato fin dall’inizio della sua giovinezza, sopraffatto dall’enorme complesso di inferiorità nei confronti del fratello Enrico, che lo faceva sentire <>, a detta sua. 

La sua vita è un continuo oscillare tra poli opposti, tra il coraggio e la paura, tra la guerra e la prigionia e soprattutto, non da ultimo, tra l’ordine e il disordine. E’ sostanziale attorno a questo binomio che ruotano tutte le creazioni artistiche dell’ingegnere: egli scopre il caos attorno a sé, ma da buon uomo di scienza quale la sua formazione lo riconduce, non si rassegna ad esso, ma anzi cerca di porre ordine. Ma come è possibile sciogliere una situazione esistenziale e costitutiva del nostro essere e al contempo del mondo in cui viviamo? Semplicemente rappresentandolo. Attraverso le sue descrizioni iperboliche e funamboliche, il lessico al tempo stesso aulico e gergale, la sua costruzione sintattica classicheggiante e insieme tendente all’oralità vuole accogliere nelle sue pagine <>. E’ proprio la vita che pulsa incessantemente con un impeto instancabile nei sotterranei delle sue opere, animate da ilarità e tragicità, semplicità e difficoltà, in un empedocleo rincorrersi dei contrari. L’essere umano, la sua stessa vita, sono uno gnommero, un vero e proprio nodo gordiano da scindere e sciogliere con la ragione e il suo logos, unici strumenti nelle mani di un uomo novecentesco che ha perso i suoi punti di riferimento all’interno di un paradigma socio-culturale ormai totalmente sovvertito rispetto alla quieta classicità ottocentesca. 

Della realtà noi percepiamo ormai soltanto i frantumi, che l’autore vuole ordinatamente assemblare, come fossero degli Accoppiamenti giudiziosi (titolo di una raccolta di prose del 1963), che poi non si riveleranno tanto giudiziosi ma almeno si avvicineranno ad una parvenza di normalità. Se il mondo è un caleidoscopio, io scrittore non devo fare altro che rappresentarlo agli altri.

Lucia Piemontesi