Non voglio insinuare che le personalità più strane del mondo antico fossero solo romane, o solo imperatori romani: ma si deve riconoscere una certa predisposizione all’insanità mentale per coloro che rivestirono la più alta carica durante l’Età imperiale. Come fu per Lucio Aurelio Antonino Commodo, della dinastia degli Antonini, regnante dal 180 al 192 d.C. Paragonato a Nerone e Caligola per la follia e a Domiziano e Tiberio per la crudeltà gratuita, affascinato dalla figura dell’imperatore-dio orientale, fu l’ennesimo personaggio stravagante e poco amato dal popolo che sedette sul trono di Roma.
È facile capire come l’impopolarità di quest’uomo crescesse ad ogni evento del genere. Il senso di onnipotenza dell’imperatore si spingeva sempre più oltre: “Si fece presentare su un piatto d’argento due gobbi cosparsi di senape, e subito li promosse e li fece ricchi“; “Si accostava ai templi degli dei macchiato da stupri e da sangue umano“. Questo atteggiamento non fu più tollerato dal Senato, che nel 192, esasperato dai comportamenti efferati e gratuiti del re ordì una congiura. Alla vigilia dell’insediamento dei nuovi consoli (che probabilmente sarebbero stati uccisi dallo stesso) il 31 dicembre 192 si organizzò un banchetto, durante il quale i congiurati avrebbero dovuto avvelenare Commodo. Ma egli, sentendosi appesantito dal pasto, vomitò: così i senatori chiesero a Narcisso, maestro dei gladiatori, di uccidere l’imperatore in cambio di una ricompensa. Nel bagno più tardi si compì la congiura: non poteva più scappare dalla morte.
Commodo fu dichiarato nemico pubblico e si decretò la damnatio memoriae: nonostante moltissime statue furono distrutte, a tutt’oggi si conservano oltre cinquanta ritratti. Poco dopo, tuttavia, Settimio Severo dichiarò l’apoteosi dell’ex nemico pubblico per nobilitare la sua famiglia, bloccando il processo di damnatio e rendendolo divus: a prova di quante fossero le contraddizioni e le stranezze a Roma. Commodo fu l’ennesimo esempio di disfacimento e dissolutezza: nessun imperatore, salvo rare eccezioni, pareva interessarsi non solo del bene dello Stato ma dello Stato stesso. Il lento declino dell’urbe pareva ormai inesorabile, grazie soprattutto a personaggi di tal fatta.
Giulia Bitto