Sigaretta elettronica nei luoghi pubblici: come rilanciare un prodotto che ha fallito

Che in Italia vigano incontrastate le mode del momento si sapeva: per qualche mese abbiamo visto fioccare nelle mani dei fumatori (e anche dei non fumatori) la sigaretta elettronica, invenzione che dovrebbe sostituire la classica sigaretta facendo inalare vapore acqueo al posto del dannoso fumo. In poche settimane sono stati aperti numerosissimi negozi specializzati, e le città sono state letteralmente tappezzate di pubblicità. Un po’ come i pantaloni a zampa di elefante negli anni 80′, ma in grande. Poi, le ricerche condotte sull’effettiva salubrità del prodotto, una conseguente tassazione e restrizione e soprattutto lo sfiorire della moda (quest’ultima causa direi essere stata la più rilevante) hanno arrestato il fenomeno in modo brusco.

Come rilanciare questo prodotto, di cui non si sentiva più parlare da tempo? Nei giorni scorsi il decreto Istruzione è stato convertito in legge: con questo è stato cancellato il divieto di utilizzo della sigaretta elettronica nei luoghi pubblici. Giancarlo Galan, presidente della commissione Cultura della Camera, ha presentato un emendamento con il quale ha stralciato una parte dell’articolo 51 della legge Sirchia, che applicava alle sigarette elettroniche le stesse norme dei tabacchi in materia di tutela della salute dei non fumatori. La sigaretta elettronica, in effetti, anche se in minima parte, contiene nicotina e altre sostanze dannose, come hanno rilevato la Federasma e la BPCO. Molti sono i detrattori di questo prodotto, specialmente quando la qualità dello stesso e i suoi componenti non sono ben chiari.

L’apparecchio è senza dubbio meno dannoso e fastidioso di una normale sigaretta: ma c’è da chiedersi come sarebbe andare al cinema e vedere innalzarsi continuamente colonne di vapore, o sedersi in un ristorante e respirare le esalazioni spesso aromatizzate di questo prodotto. La legge serve a salvare le migliaia di attività sorte nel boom della sigaretta elettronica, ma molto presto, quando la moda di “svapare” (e si spera anche questo termine) cadrà nuovamente nell’oblio, moltissimi commercianti non sapranno più dove sbattere la testa.