James Nachtwey, l’anima del reportage

Survivor of a Hutu death camp, © 1994 by James Nachtwey

“Per me, la forza della fotografia sta nella propria capacità di evocare un senso di umanità. Se la guerra è un tentativo di negare l’umanità, allora la fotografia può essere concepita come l’opposto della guerra, e se usata bene può essere un ingrediente potente nell’antidoto alla guerra”. 
James Nachtwey
È nel reportage che il vero fotografo si riconosce, in questa ricerca della conoscenza, della profondità e della varietà dell’animo umano, nella voglia d’avventura. In questo James Nachtwey si riconosce come artista d’elitè in una società in cui i valori di questo lavoro sono messi da parte a favore di un virtuosismo tecnico e plastico. Il suo non è solamente un impiego, ma un vero e proprio impegno personale che lo porta a conoscenze di realtà politiche estreme in cui l’uomo è solamente un oggetto e come tale viene trattato; punto forte del suo lavoro che riesce magistralmente a far emergere dai suoi scatti arditi e fieri.
“Sono stato un testimone e queste immagini sono la mia testimonianza. Gli eventi che ho registrato non dovrebbero essere dimenticati e non devono essere ripetuti”. 
James Nachtwey
Da uomo diviene memoria universale, attraverso il suo obbiettivo si fissa come immagine indelebile il suo sguardo che nuovamente porta a noi gli orrori riflessi negli occhi da lui immortalati.
Si avvicina alla ricerca fotografica grazie alla guerra nel Vietnam ed al movimento per i diritti civili. Lavora per la rivista Time ed è stato membro della Magnum Photos, nonché membro fondatore dell’Agenzia VII. Guatemala, Libano, Cisgiordania, Gaza, Israele, Indonesia, Thailandia, India, Sri Lanka, Afghanistan, Filippine, Corea del Sud, Somalia, Sudan, Rwanda, sono solo alcuni dei campi di battaglia in cui è stato. Tra i suoi premi spiccano il Robert Capa Gold Medal vinto ben cinque volte ed il World Press Photo Award di cui ha vinto due edizioni. Nel 2001 Christian Frei gira un film basato sulla sua vita intitolato “War Photographer“. È senza dubbio il miglior fotografo reportagista contemporaneo, capace di regalarci emozioni che non credevamo esistessero ancora nella nostra società.
James Nacthwey
“Anche nell’era della televisione, la fotografia mantiene una capacità unica di cogliere un attimo fuori dal caos della storia per conservarlo e tenererlo sotto i riflettori. Mette un volto umano su eventi che potrebbero altrimenti offuscarsi in astrazioni politiche e statistiche. Si dà voce a persone che altrimenti non ne avrebbero una. Se il giornalismo è la prima bozza della storia, allora la fotografia è ancora più difficile, perché per catturare un attimo non si dispone di una seconda possibilità”.  

Andrea Silva