Italia e diplomazia, due rette parallele destinate a non incontrarsi mai: da qualche mese a questa parte la nostra storia diplomatica è stata costellata di pasticci mai chiariti, coi responsabili che puntano il dito l’uno contro l’altro, con l’unico risultato di danneggiare (ulteriormente) la nostra immagine e la nostra credibilità in giro per il mondo.
Ultimo disastro in ordine cronologico è il caso di Mukhtar Ablyazov, famoso dissidente del governo di Nursultan Äbişulı Nazarbaev, uomo politico che controlla il Kazakhstan sin dai tempi della caduta dell’URSS. Nella notte tra il 28 e il 29 maggio, 50 uomini della squadra mobile hanno fatto irruzione in una villa a Casal Palocco sotto richiesta dell’ambasciatore kazako a Roma, con l’esplicita richiesta di catturare ed estradare in patria Ablyazov; non trovandolo, gli uomini hanno arrestato e portato in questura la moglie Alma Shalabayeva e la figlia Aula. Il giorno seguente le due sono state riconosciute come migranti clandestine (i documenti presentati sono stati dichiarati invalidi dalla polizia italiana) e rispedite in Kazakhstan, tra le mani del regime di Nazarbaev.
La vicenda è rimasta nell’ombra per più di due mesi, ma adesso rischia di far saltare il governo e di mandare in confusione due dicasteri fondamentali, quello dell’Interno e quello degli Esteri. L’espulsione di Shalabayeva e di sua figlia rappresenta un atto gravissimo, in quanto viola svariati accordi internazionali e mette in serio pericolo la vita delle due donne. Viene da chiedersi: per quale motivo l’Italia rischia così tanto per compiacere un dittatore straniero?
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Mukhtar Ablyazov |
Il motivo è semplice, ed è sempre lo stesso: il denaro. Le scarsissime garanzie democratiche del Paese kazako non hanno impedito all’Italia di intrattenervi rapporti commerciali sempre più stretti: il Belpaese è diventato il secondo partner commerciale del Kazakhstan in Europa, il sesto nel mondo. È l’ENI l’azienda coi maggiori interessi nel Paese asiatico: il giacimento del Kashagan è un’enorme riserva di idrocarburi, la più grande scoperta nell’ultimo trentennio, dal valore complessivo di centinaia di miliardi di dollari. La guerra per accaparrarselo ha coinvolto le principali major petrolifere del mondo, ENI inclusa. Non solo petrolio: ben 53 aziende italiane hanno investito in Kazakhstan (tra queste Salini-Todini, Impregilo, Italcementi, Renco), ed i buoni rapporti fra i due Paesi hanno portato anche ad un accordo strategico per l’EXPO 2015 di Milano. Gli investimenti italiani hanno riguardato anche le banche, specialmente Unicredit, ed il settore del mattone.
Tuttavia, gli interessi economici e politici che gravitano attorno al regime kazako travalicano i confini di Astana: Silvio Berlusconi sarebbe legato da un’amicizia particolare a Nazarbaev, amicizia che va avanti da più di vent’anni. Il rapporto italo-kazako, d’altronde, decollò proprio nel 1992, quintuplicando in questo lasso di tempo l’entità delle interrelazioni commerciali fra i due Paesi. Come è noto, Berlusconi è legato da una duratura amicizia anche al presidente russo Vladimir Putin, a sua volta coinvolto in una stretta partnership con Astana. L’unione doganale tra Russia, Bielorussia e Kazakhstan dà all’Italia opportunità commerciali per 34 miliardi di dollari. Uno stretto rapporto fra uomini d’affari, dunque, ancor prima che presidenti; un’intimità sottolineata dal soggiorno di pochi giorni fa di Nazarbaev in Sardegna, nella villa di un uomo notoriamente vicino a Berlusconi e agli affari Fininvest. Una relazione quasi morbosa, dunque, e strettamente personale, ben lontana da quella tipica di due uomini di Stato.
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Nazarbaev e Berlusconi a braccetto al vertice OSCE tenutosi ad Astana |
È bene tuttavia sottolineare come anche i governi di Mario Monti ed Enrico Letta abbiano mantenuto inalterati i rapporti commerciali con Astana: le responsabilità degli inquietanti rapporti col Paese asiatico non sono dunque del solo Berlusconi. Le dimissioni di Angelino Alfano ed Emma Bonino sono due atti tanto doverosi quanto improbabili: i due hanno già negato le proprie responsabilità nella vicenda, anche se messi di fronte a dati oggettivi. Il Ministro dell’Interno non poteva non essere al corrente di una vicenda di questa rilevanza, specialmente alla luce delle fresche dimissioni del capo del suo gabinetto, Giuseppe Procaccini, che ha dichiarato di “sentirsi offeso” e di “aver informato il ministro” ai tempi dell’accaduto.
Le ombre su questa vicenda sono ancora numerosissime, ma una certezza c’è: l’Italia si è ancora una volta resa ridicola davanti al mondo in maniera imperdonabile, ledendo in modo irreversibile un altro pezzetto della sua credibilità internazionale. La necessità di avere un team di uomini competenti alla Farnesina si è fatta più urgente che mai.
Giovanni Zagarella