Berlusconi non si arrende: “È un golpe”. Ma che nessuno sottovaluti il Cavaliere

Silvio Berlusconi contro tutti. A due giorni dal voto in aula sulla sua decadenza da senatore, il Cavaliere non si arrende e rilancia: “È un golpe. Abbiamo sette nuovi testimoni e documenti: chiederemo la revisione del processo”.

Oggi Berlusconi torna alla carica, chiedendo anche ai senatori “rispetto reciproco” e “responsabilità” riguardo alla prossima votazione. “Epifani dovrà vergognarsi finché campa di aver commesso un atto indegno, visto che la decadenza si basa su una sentenza che non sta né in cielo né in terra, grida vendetta davanti a Dio e agli uomini”, ha dichiarato oggi il leader di FI.

Anche ieri il Cavaliere aveva parlato alla stampa, affermando che l’affidamento ai servizi sociali nient’altro sarebbe che un modo per “ledere la sua dignità”, e chiedendo al contempo l’intercessione del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Intercessione sfumata – così come sfumata era l’ipotesi della grazia – dopo che lo stesso Napolitano aveva affermato che non c’erano gli estremi per un suo intervento. 

Come un animale ferito, Berlusconi ruggisce ancora. Ed è ancora pericoloso: il sostegno popolare non gli manca, così come una folta schiera di parlamentari pronti ad immolarsi per lui. Troppe volte avevamo dato il Cavaliere per spacciato, salvo poi vederlo ritornare più forte e legittimato di prima, appena scalfito nella sua popolarità ed “integrità morale” (almeno presso i suoi elettori). 
Ma stavolta sarebbe veramente troppo. Se il Parlamento salverà Berlusconi durante la votazione di mercoledì, porrà una pietra tombale sulla credibilità della politica italiana, spalancando le porte ad un’ondata di populismo e di panico economico. Salvare Berlusconi adesso sancirebbe il definitivo distacco tra i palazzi del potere ed il mondo reale, e darebbe ragione a quanti da tempo sostengono la connivenza della Sinistra con i potenti della Destra. Lascerebbe al nostro Paese due fazioni politiche delegittimate, due partiti-fantasma che non sarebbero in grado di rappresentare chicchessia in Parlamento.

Davanti a noi c’è un bivio. Spetta ai partiti scegliere quale strada imboccare.


Giovanni Zagarella

Alfano si smarca da Forza Italia: ‘Non aderiremo’. Pronto il nuovo gruppo

E alla fine Angelino fece il gran rifiuto. E non “per viltade”, come il Celestino V di dantesca memoria, ma per la voglia, finalmente manifesta, di liberarsi dell’ingombrante e decadente presenza di Silvio Berlusconi. Senza timore di essere smentiti dalla storia, possiamo di certo affermare che ques’oggi, con l’annunciata composizione di un nuovo gruppo di centrodestra, l’epopea del berlusconismo si è avviata verso la rapida conclusione di un declino lungo ormai 5 anni. Forza Italia, PDL, poi di nuovo Forza Italia, nomi vecchi e nuovi per esprimere lo stesso concetto, la fiducia cieca in un leader che presto non sarà più senatore. E, al di là delle frasi di facciata (“Siamo e saremo sempre amici di Berlusconi”), il “tradimento” di Alfano assume contorni ben più gravi di quello, ormai storico, di Gianfranco Fini. Il delfino infatti, stanco di attese e gaffe, ha deciso di lasciare la nave che affonda: intorno al Cavaliere, ora, solo un esercito di teatranti che annuiscono.

La giornata si preannunciava tesa: lo scontro tra falchi e colombe era ormai inevitabile. L’ultimo tentativo di mediazione è saltato verso le 6. I lealisti hanno accusato gli “alfaniani” di voler vendere, con l’attesa e il silenzio, la pelle di Berlusconi al governo in cambio della stabilità: due ore dopo la scelta di formare un gruppo diverso, denominato provvisoriamente “Nuovo Centrodestra”. Formigoni azzarda i numeri:”Siamo 37 alla Camera e 23 al Senato, non c’è stata scissione perché il partito non c’è più”. Di certo Alfano, che può contare su Schifani e Lupi, conta di ingrossare le sue fila nei prossimi giorni, magari dopo il Congresso Nazionale di domani. Perché, a sentire i rumors, sarebbero molti i dubbiosi sulle scelte politiche dettate dal gruppo “fittiano” che ha preso il sopravvento nel partito. Si registra intanto la dura reazione di Bossi, che condanna Alfano come “10 volte traditore!”. Il ministro dell’Interno contrattacca:”Noi sempre rispettosi verso Berlusconi, ma non ci stiamo a un ritorno a Forza Italia”. Se sia il primo passo per una riforma della destra o per la formazione di un nuovo, grande centro si saprà nei prossimi giorni, a partire dalle reazioni del PD lettino alla vicenda, che segna uno spartiacque nelle vicende del paese.

Servizi Sociali, è caccia a… Berlusconi

Silvio Berlusconi ha tempo fino a Ottobre per decidere tra i domiciliari e i servizi sociali, ma nel caso in cui optasse per la seconda non gli mancherebbero di certo le alternative. Sono infatti tantissime le offerte che stanno giungendo in queste ore con ogni mezzo (e addirittura all’avvocato Ghedini) per assicurarsi le prestazioni dell’ex premier nell’anno di condanna non coperto da indulto. Ultimo in ordine di tempo Mario Capanna, ex leader del movimento ’68, che ha invitato il Cavaliere a lavorare alla Fondazione Diritti Genetici: “Tra condannati (per reati durante le lotte studentesche, ndr) ci intendiamo, e sarebbe meglio che passare un anno chiuso in una delle sue stupende ville. Non è una boutade, la mia è un’offerta seria.”

Ma Capanna non è l’unico ad aver fatto la “folle” offerta: non si contano infatti i vescovi e i prelati che spingono per avere Berlusconi: da Don Mazzi ai più polemici parroci di provincia, che propongono “un bel programmino di servizi sociali, per far vedere come vive una famiglia che non arriva a fine mese, un tossicodipendente, una prostituta”. E c’è anche chi punta sul Cavallo di Arcore per rilanciare il proprio comune: Abano Terme ha inoltrato una richiesta ufficiale per far sì che la figura del buon Silvio serva a rilanciare il complesso termale, in declino per colpa della crisi. E, come a dire che al comico non c’è mai fine, ci si mette pure un’associazione di Clown e una di dog sitter. Povero Berlusconi, verrebbe da dire… o forse no?
Roberto Saglimbeni

Caso Ablyazov: perché l’Italia si sta coprendo di ridicolo?

Italia e diplomazia, due rette parallele destinate a non incontrarsi mai: da qualche mese a questa parte la nostra storia diplomatica è stata costellata di pasticci mai chiariti, coi responsabili che puntano il dito l’uno contro l’altro, con l’unico risultato di danneggiare (ulteriormente) la nostra immagine e la nostra credibilità in giro per il mondo.
Ultimo disastro in ordine cronologico è il caso di Mukhtar Ablyazov, famoso dissidente del governo di Nursultan Äbişulı Nazarbaev, uomo politico che controlla il Kazakhstan sin dai tempi della caduta dell’URSS. Nella notte tra il 28 e il 29 maggio, 50 uomini della squadra mobile hanno fatto irruzione in una villa a Casal Palocco sotto richiesta dell’ambasciatore kazako a Roma, con l’esplicita richiesta di catturare ed estradare in patria Ablyazov; non trovandolo, gli uomini hanno arrestato e portato in questura la moglie Alma Shalabayeva e la figlia Aula. Il giorno seguente le due sono state riconosciute come migranti clandestine (i documenti presentati sono stati dichiarati invalidi dalla polizia italiana) e rispedite in Kazakhstan, tra le mani del regime di Nazarbaev.
La vicenda è rimasta nell’ombra per più di due mesi, ma adesso rischia di far saltare il governo e di mandare in confusione due dicasteri fondamentali, quello dell’Interno e quello degli Esteri. L’espulsione di Shalabayeva e di sua figlia rappresenta un atto gravissimo, in quanto viola svariati accordi internazionali e mette in serio pericolo la vita delle due donne. Viene da chiedersi: per quale motivo l’Italia rischia così tanto per compiacere un dittatore straniero?
Mukhtar Ablyazov
Il motivo è semplice, ed è sempre lo stesso: il denaro. Le scarsissime garanzie democratiche del Paese kazako non hanno impedito all’Italia di intrattenervi rapporti commerciali sempre più stretti: il Belpaese è diventato il secondo partner commerciale del Kazakhstan in Europa, il sesto nel mondo. È l’ENI l’azienda coi maggiori interessi nel Paese asiatico: il giacimento del Kashagan è un’enorme riserva di idrocarburi, la più grande scoperta nell’ultimo trentennio, dal valore complessivo di centinaia di miliardi di dollari. La guerra per accaparrarselo ha coinvolto le principali major petrolifere del mondo, ENI inclusa. Non solo petrolio: ben 53 aziende italiane hanno investito in Kazakhstan (tra queste Salini-Todini, Impregilo, Italcementi, Renco), ed i buoni rapporti fra i due Paesi hanno portato anche ad un accordo strategico per l’EXPO 2015 di Milano. Gli investimenti italiani hanno riguardato anche le banche, specialmente Unicredit, ed il settore del mattone.
Tuttavia, gli interessi economici e politici che gravitano attorno al regime kazako travalicano i confini di Astana: Silvio Berlusconi sarebbe legato da un’amicizia particolare a Nazarbaev, amicizia che va avanti da più di vent’anni. Il rapporto italo-kazako, d’altronde, decollò proprio nel 1992, quintuplicando in questo lasso di tempo l’entità delle interrelazioni commerciali fra i due Paesi. Come è noto, Berlusconi è legato da una duratura amicizia anche al presidente russo Vladimir Putin, a sua volta coinvolto in una stretta partnership con Astana. L’unione doganale tra Russia, Bielorussia e Kazakhstan dà all’Italia opportunità commerciali per 34 miliardi di dollari. Uno stretto rapporto fra uomini d’affari, dunque, ancor prima che presidenti; un’intimità sottolineata dal soggiorno di pochi giorni fa di Nazarbaev in Sardegna, nella villa di un uomo notoriamente vicino a Berlusconi e agli affari Fininvest. Una relazione quasi morbosa, dunque, e strettamente personale, ben lontana da quella tipica di due uomini di Stato.
Nazarbaev e Berlusconi a braccetto
al vertice OSCE tenutosi ad Astana
È bene tuttavia sottolineare come anche i governi di Mario Monti ed Enrico Letta abbiano mantenuto inalterati i rapporti commerciali con Astana: le responsabilità degli inquietanti rapporti col Paese asiatico non sono dunque del solo Berlusconi. Le dimissioni di Angelino Alfano ed Emma Bonino sono due atti tanto doverosi quanto improbabili: i due hanno già negato le proprie responsabilità nella vicenda, anche se messi di fronte a dati oggettivi. Il Ministro dell’Interno non poteva non essere al corrente di una vicenda di questa rilevanza, specialmente alla luce delle fresche dimissioni del capo del suo gabinetto, Giuseppe Procaccini, che ha dichiarato di “sentirsi offeso” e di “aver informato il ministro” ai tempi dell’accaduto. 
Le ombre su questa vicenda sono ancora numerosissime, ma una certezza c’è: l’Italia si è ancora una volta resa ridicola davanti al mondo in maniera imperdonabile, ledendo in modo irreversibile un altro pezzetto della sua credibilità internazionale. La necessità di avere un team di uomini competenti alla Farnesina si è fatta più urgente che mai.
Giovanni Zagarella