Fukushima: il silenzio di un’emergenza mai estinta

Il fatto che la maggior parte dei media abbiano smesso di parlarne non vuol dire che un dato problema non esista più. O meglio, anche se nel frattempo sono accaduti altri fatti degni d’importanza, gli altri successi in precedenza non si sono certo risolti da soli. 
È il caso di Fukushima e la sua centrale nucleare maledetta. L’allarme radiazioni è, ad oggi, dopo più di due anni e mezzo, molto lontano dall’essere rientrato. 
Anche se è vero che in Italia sentiamo pure troppe volte in un solo giorno la parola emergenza, e solamente per fatti avvenuti entro i nostri confini – figuriamoci se abbiamo il tempo di parlare anche delle disgrazie altrui – non solo i media nostrani non trattano quasi più il caso, ma persino a livello internazionale se ne parla pochissimo. 
È pure vero che la Tepco, società che gestisce l’impianto, non lascia trapelare molte informazioni, e quando lo fa non siamo neanche sicuri che sia la verità. Il famoso reattore numero quattro, quello esploso nel 2011, ospita ancora circa 1500 barre di combustibile spento ad altissimo rischio e che i tecnici hanno iniziato a trasferire qualche giorno fa in fusti più sicuri. Ci vorrà un’infinità di tempo per completare il lavoro, visto anche che all’interno della centrale ce ne sono in tutto undicimila. La società giapponese insiste nel voler gestire la situazione con le proprie forze, mentre il governo monitora la situazione (si spera) e si preoccupa di annunciare le Olimpiadi del 2020 che si svolgeranno proprio a Tokyo. Nel frattempo il mondo sta a guardare. 
I problemi non finiscono qui. Infatti pare che non si sappia con certezza dove siano finiti tre reattori. Il fatto che siano scomparsi nel nulla si fa fatica a crederlo, ma a riguardo nessuno vuole dire niente a parte la Tepco che dichiara che trovino ancora dentro. Allora, perché nessuna organizzazione internazionale fa pressioni affinché si sappia qualcosa? 
La centrale di Fukushima Daiichi è in funzione da circa 40 anni. È un impianto vecchio che andava smantellato diversi anni fa; molto prima dell’incidente, per intendersi. Adesso la struttura fa acqua da tutte le parti. 
L’intera centrale è come uno scolapasta. L’acqua necessaria a raffreddare i reattori – che la Tepco sostiene siano ancora all’interno della struttura di acciaio e cemento – fuoriesce continuamente e i tecnici devono intervenire spesso anche con strumenti di fortuna. Ogni giorno sui reattori vengono irrorate centinaia di tonnellate d’acqua che serve a mantenere il nocciolo ad una temperatura sotto controllo. Ma l’acqua contaminata che sgorga fuori dalle crepe nella struttura dove va a finire? La Tepco, insieme al governo giapponese, ha nascosto a lungo che quotidianamente veniva riversata in mare una quantità anomala di acqua contaminata, anche se non così tanta da essere nociva all’uomo. Dicono. Gli effetti se ci saranno, li vedremo fra qualche anno. 
Per adesso le autorità assicurano che le acque inquinate vengono stoccate in cisterne poste in superficie e sottoterra. Di fatto però, questi serbatoi molto presto non sapranno più dove metterli. Attualmente ce ne sono circa 400 mila, ma a questi ritmi raddoppieranno nel giro di un paio d’anni, dato che il sistema di decontaminazione, messo a punto insieme ad una società francese, non ha mai funzionato bene. 
Insomma la situazione rischia di diventare davvero esplosiva mentre la capacità di gestirla da parte dei responsabili appare molto precaria. D’altra parte l’immobilismo del mondo mediatico e del governo giapponese (che non si sa come abbia fatto a convincere il Comitato Olimpico) che non vuole perdere il business delle Olimpiadi 2020 sembrano vincere sull’interesse collettivo di saperne di più della situazione. 

Francesco Bonistalli