Tetto minimo garantito di pezzi italiani in radio: la proposta del Mei

Proposta shock: Il MEI propone una raccolta di firme per promuovere la richiesta alle autorità competenti di maggiore spazio in radio per le produzioni italiane, una sorta di protezionismo musicale atto a garantire agli artisti non supportati da grandi major discografiche, un’adeguata presenza nell’etere (la proposta prevede il 40% musica italiana e il 20% artisti emergenti) oggi minacciata da un’opprimente presenza di brani inglesi e americani (oltre il 90%). Anche i grandi nomi del panorama si sono espressi a favore della petizione per supportare la musica italiana, tra cui spicca il nome di Piero Pelù, il primo cantante mainstream a firmare e a supportare l’iniziativa.
Dopo la Tax Credit e Act Live, autocertificazioni per promuovere concerti ed esibizioni dal vivo, si fa spazio anche questa iniziativa nei cofronti delle maggiori radio commerciali, a conferma dell’ottimo momento per l’affermazione di generi alternativi e di nuovi artisti nel panorama musicale nostrano. Fino ad oggi infatti, nella programmazione giornaliera delle più grandi emittenti radiofoniche private nazionali (Rtl 102,5, Rds e Radio DJ) hanno trovato spazio solo artisti e canzoni straniere spesso mediocri, lasciando ai margini artisti del calibro di Vinicio Capossela, dei Baustelle, dei Tre Allegri ragazzi morti, dei Ministri oltre a molti validi rapper indipendenti.
Il denominatore è quindi sempre lo stesso: hit commerciali da oltreoceano ripetute all’infinito e grandi nomi Italiani sostenuti delle tre case discografiche più influenti. Fanno eccezione pochissime emittenti (tra le quali Radio Popolare e Radio Italia) che hanno scelto di mandare in onda soprattutto musica italiana del panorama commerciale e non. Tutto il resto degli emergenti è costretto a ritagliarsi un piccolo spazio sul Web, alla ricerca di un “nocciolo duro” di fan, ormai sempre più attenti alle novità musicali provenienti da internet.

Una bella iniziativa da parte di MEI (il meeting delle etichette indipendenti), volta a contrastare una triste tendenza del nostro Paese, che nella musica come in altri settori tende a portare al successo artisti popolari e già sentiti, escludendo generi considerati più di “nicchia” ed artisti poco “digeribili”. Mai nella storia autarchia fu più dolce!

Francesco Bitto