Francia: insegnare l’uguaglianza con un eguale insegnamento

Se l’esperienza di governo della sinistra francese si sta rivelando deludente dal punto di vista economico e per via degli scandali finanziari che attanagliano importanti membri del gabinetto, altrettanto non può essere detto relativamente alle battaglie sociali portate avanti dall’esecutivo socialista: dopo l’approvazione del “mariage pour tous” – risolutamente portato a compimento nonostante le disapprovazioni di larghi settori della società facenti capo all’estrema destra – ecco che l’esecutivo Hollande lancia il nuovo progetto “Abcd de l’egalité”, volto a eliminare le differenze di genere sin dalla scuola primaria.
Il progetto nacque nel 2009 nella scuola materna Marcel Bourdarias di Saint Ouen, un comune vicino a Parigi, dove si è cercato di evitare che i bambini giocassero con le macchinine e le bambine con le bambole sulla base di stereotipi di genere e i ministri Peillon e Belkacem – rispettivamente ministro dell’Istruzione e ministro dei Diritti delle Donne – hanno ben accolto questo progetto espandendolo ad altri 500 istituti primari e coinvolgendo migliaia di famiglie.
Tuttavia, la destra conservatrice non vede di buon occhio questa sorta di esperimento sociale e accusa il governo di voler negare delle differenze – quelle sessuali – a loro avviso innegabili. Anche la destra più estrema, già sul piede di guerra contro il “mariage pour tous”, si dice pronta ad affrontare la costruzione di “un’antropologia distruttrice che va all’assalto della famiglia”, ma il governo difende il suo progetto dichiarando che se una bambina gioca con le bambole e poi crescendo predilige i corsi umanistici è per via di differenze socialmente costruite e non naturali.
Inoltre, come si nota dalle statistiche in mano al governo francese, le ragazze hanno prestazioni scolastiche migliori di quelle dei colleghi maschi, ma scelgono percorsi universitari meno prestigiosi.

Questa sperimentazione si inserisce in un quadro più ampio di riforma del sistema scolastico che non vuole
partire dall’istruzione superiore, ma dalle scuole primarie. Secondo i progetti del Presidente Hollande, il processo di rifondazione del sistema scolastico – presentato a fine 2012 – si svilupperà in un arco temporale che comincerà nel settembre 2013 per terminare nel 2017. Le altre riforme previste dal programma del governo, sostenute dal filosofo socialista e ministro dell’istruzione Peillon, riguardano l’abolizione dei compiti a casa – in quanto promotori di differenze incolmabili, dato che non tutti i bambini hanno la possibilità di essere aiutati da un adulto – e delle bocciature che, in un paese con il triste primato della maggior percentuale europea di alunni respinti, devono divenire misure eccezionali. Ovviamente, l’abolizione dei compiti a casa sarà compensata da una variazione degli orari scolastici tale per cui questi possano essere svolti in classe col sussidio dell’insegnante.
Tuttavia, è lo stesso sindacato degli insegnanti ad opporsi a questa variazione di orario, nonostante si fosse precedentemente opposto alla riduzione di un già ridotto orario scolastico operata dal governo Sarkozy. Secondo il sindacato il problema non è l’aumento delle ore in sé, ma le modalità con cui viene applicato: inizialmente la scuola francese prevedeva un orario di apertura “spalmato” su 5 giorni: lunedì, martedì, giovedì, venerdì e sabato. Ma è più corretto dire che i giorni fossero 4 e mezzo, perché il sabato gli istituti rimanevano aperti solo la mattina. L’insegnante era unico, ma lavorava con orario spezzato e le pause erano curate da animatori, i quali curavano anche le attività ricreativo – culturali del mercoledì, unico giorno feriale non dedicato alle lezioni. Sotto il governo Sarkozy i giorni di scuola divennero 4, perché il sabato fu dedicato a obbligatorie attività di recupero per gli alunni che ne avessero bisogno. Questo causò una costrizione del programma in 144 giorni all’anno – contro una media OCSE di 187 – con lezioni di 6 ore al giorno, divenendo il sistema scolastico dal ritmo più stressante al mondo, secondo solo al modello giapponese. Questo, secondo Peillon, è sufficiente per giustificare il ritorno ai 4 giorni e mezzo di lezione, per un totale invariato di 24 ore settimanali, lasciando alle autorità locali la scelta del giorno di pausa tra il mercoledì e il sabato.
Ma la categoria più preoccupata non è quella degli insegnanti, che comunque si è mobilitata contro la riforma, bensì quella degli animatori: se il loro orario sarà spostato a fine lezione tutti i giorni, questo potrebbe provocare un calo di partecipazione alle loro attività da parte degli alunni, ma nonostante questo il ministero ha aperto un tavolo di discussione e trattativa con i soli rappresentanti degli insegnanti, senza coinvolgere questa seconda categoria spesso sottovalutata.
Il progetto di riforma lanciato dal governo socialista sta quindi riscuotendo consensi e opposizioni, dimostrando ancora una volta l’eterogeneità dell’elettorato francese. Le categorie legate all’istruzione, tradizionali sostenitrici del Partito Socialista, sembrano non condividere le proposte dell’esecutivo, nonostante siano volte a modificare la contestata riforma varata dal precedente governo conservatore.
Questo piano di riforma rimane tuttavia un progetto ambizioso e un tentativo di sperimentazione di un nuovo modello di istruzione che in futuro potrebbe divenire un importante esempio per gli altri paesi europei.

Riccardo Nanni

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