Hunger Games, quando la violenza si fa spettacolo – Recensione film

Tratto dall’omonimo romanzo di Suzanne Collins, Hunger Games è ambientato nella contea senza età di Panem in un periodo storico indefinito. La contea è suddivisa in 12 Distretti e ciascuno di essi è schiavo di un forte regime totalitario.  
Come monito della propria potenza e ferocia, il governo centrale organizza ogni anno dei “giochi”, gli hunger games, ai quali partecipano solitamente un ragazzo ed una ragazza per ogni distretto (24 “tributi”). I concorrenti devono affrontare delle vere e proprie prove di sopravvivenza, ma lo scopo finale del gioco è uccidere tutti gli altri : il vincitore può essere uno soltanto

Il personaggio principale è Katniss Everdeen (Jennifer Lawrence) che, per salvare la sorella, decide di offrirsi volontaria per i 74° Hunger Games. Il film è un viaggio nella più sadica e feroce parte della natura umana ma la cosa entusiasmante è che tale percorso è rivisitato attraverso gli occhi di Katniss, una giovane fresca ed ingenua. 

Un mondo costretto a vivere sotto l’egemonia di moderni totalitarismi non è un concetto nuovo al cinema : a tal proposito mi viene in mente 1984 (tratto dall’omonimo romanzo di George Orwell) o il più recente e celebre V Per vendetta ; però è in Hunger Games che la violenza diventa, quasi come un passaggio necessario, spettacolo e reality.

La sensazione è quella di sentirsi catapultati, insieme alla protagonista, in qualcosa di surreale e bizzarro ma, nonostante tutto, possibile e con una sua logica : quella del potere . Come infatti afferma anche il presidente Snow, interpretato da Donald Sutherland (che fa sempre la differenza e , quelle poche volte che appare, si sente!) , gli Hunger games servono a fomentare la paura, senza la quale sarebbe impossibile assoggettare i popoli.

Cosa dire del personaggio di Katniss? 
Piace (questo è sicuro), non perchè uccide e vince, ma perchè è forte nell’animo e negli affetti. 
Eroe non è chi riesce a sopravvivere, uccidendo per gioco, ma chi , memore di se stesso e della propria umanità, è pronto a sacrificarsi pur di non sottostare alle regole di un gioco brutale.

Katniss e il suo compagno Peeta (Josh Hutcherson) rappresentano, per tutti questi motivi, la speranza che le cose possano cambiare. Ed è esattamente questo che arriva allo spettatore: un fortissimo senso di ammirazione che induce a sostenere inevitabilmente e con naturalezza i due protagonisti fino alla fine. Non esiste ambiguità di sorta, ma solo un confine definito tra umanità e disumanità.
Gary Ross ci regala due ore e venti minuti di azione e suspense e lo fa senza mantenere un registro preciso : certe parti risultano vivaci, a tratti quasi divertenti ed altre più lente ed introspettive. Questo non ci dispiace affatto e, nonostante la proverbiale difficoltà di rappresentare cinematograficamente un romanzo, il risultato è, questa volta, molto buono.
Potremmo dire lo stesso del sequel Hunger Games – La ragazza di fuoco? Lo speriamo.


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Don Jon di Joseph Gordon-Levitt: Recensione film

Jon Martello è italiano, cattolico, mangia in canottiera spaghetti con il sugo, passa ore in palestra a pomparsi ed è porno-dipendente. Insomma, l’italiano medio (Joseph, vuoi la cittadinanza ad honorem?). Ogni sera una ragazza diversa, ma il porno resta il porno ovviamente. Una donna non è come un film porno. Le donne nella realtà sono insoddisfacenti, imperfette, troppo vere. Finché Jon non conosce Barbara Sugarman.

Ultimamente si è molto parlato di sesso-dipendenza, come nel magnifico “Shame” di Steve McQueen; ma Gordon-Levitt ne analizza un nuovo aspetto, la porno-dipendenza, con una commedia che vuole far sorridere, ma colpisce dritto al punto. Con un linguaggio semplice, superficiale, racconta una malattia così diffusa dall’essere semisconosciuta.

La regia è fluida e interessante nel montaggio originale, supportata da una magnifica fotografia che non passa inosservata di Thomas Kloss. Magnifiche le performance dei tre attori protagonisti: una truce donna media con artigli, vestiti attillati e cortissimi, che si sente santa e pia, brava, bravissima ragazza Scarlett Johansson; una fragile e affascinante Julianne Moore e, a finire, un convincente Joseph Gordon-Levitt. Vorrei porre l’accento sui cammeo di Anne Hathway e Channing Tatum che parodiano le commedie romantiche blockbuster che Barbara ama tanto.

Insoddisfacente il finale, invece, che scivola nella buona parabola. Sembra quasi che la morale sia che una persona sana non guarda porno e debba accoppiarsi per forza guardandosi dritto nelle palle degli occhi. È stato un po’ deludente, ecco, affrancare così la morale, per un film che invece si era contraddistinto per i toni dissacranti e leggeri ma profondi. Un film interessante e complesso, che fa ridere e diverte nella sua profondità, ma che perde la sfida quando non fa “All in” prendendo in giro le commedie romantiche e credendosi più originale di quanto non sia, colpevole degli stessi toni rassicuranti e buonisti.

Film in uscita a Dicembre 2013: parte 3

Bentornati con la terza puntata della nostra rubrica dedicata ai film in uscita questo mese! La presente puntata vede qualche titolo in più rispetto alle precedenti: godetevela!
STOP THE POUNDING HEARTH, di R. Minervini, con Sara Carlson, Colby Trichell, Tim Carlson, al cinema da Giovedì 5 Novembre
Presentato fuori concorso al Festival di Cannes, Stop the Pounding Hearth è l’interessante storia dell’incontro tra un marchigiano, il giovane Roberto Minervini, e la cultura rurale americana, che ha affascinato a tal punto il regista da spingerlo a fare una trilogia, della quale il presente film rappresenta la conclusione. Protagonista è la giovane Sara, figlia di allevatori super-praticanti del Texas, che trascorre la sua vita tra capre e preghiere finché non conosce un cowboy che le farà perdere la testa, salvo poi abbandonarla e lasciarla di nuovo sola. Un film diverso che vale la pena andare a vedere, fosse solo per le ottime recensioni degli esperti e per premiare il made in Italy (ft. USA) che continua ad affermarsi con successo nel mondo. 
In alcune sale, a partire da oggi, sarà disponibile la produzione The Rolling Stones – Hyde Park Live, che ripropone il concerto tenuto quest’estate dalla celebre band per celebrare quello, storico, del ’69 a Londra. Il film, distribuito dalla Nexo, sarà  visibile in poche sale: l’elenco è consultabile al link seguente. Analogo discorso per La Traviata, in diretta streaming dal teatro La Scala di Milano giorno 7 Dicembre nelle presenti sale. Due appuntamenti di nicchia per appassionati dei rispettivi generi che daranno l’occasione di assistere a eventi altrimenti inaccessibili.

ROMA CRIMINALE, di G. Petrazzi, con Luca Lionello, Alessandro Borghi, Corrado Solari, al cinema da Venerdì 6 Dicembre.

L’idea di fondo è chiara: rigenerare il poliziesco italiano, un tempo motore del nostro cinema e da troppi lustri spento e improduttivo. L’opera, almeno a giudicare dal trailer, è riuscita a metà. Il coraggioso Petrazzi, infatti, con un budget limitato e un cast di seconde linee, produce sì un film gradevole, vagamente drammatico, imperniato sulla sottile linea tra buoni e cattivi e sul desiderio di vendetta di un poliziotto sui generis, ma non riesce a smarcarsi dall’evidente provincialismo che impone che tutti i romani dicano “er” ogni due tre, che il criminale abbia baffi e giacca bianca, che il sangue si lavi col sangue. Azzardando, si può dire che su Roma Criminale, film comunque non meno meritevole di un biglietto di tanti cinepanettoni, gravi il peso insostenibile di Romanzo Criminale (più la serie che il film) che ha trattato con ben altro spessore (e budget) tematiche affini quand’anche non identiche.

Da giorno 9 Dicembre sarà al cinema Risate di gioia, celebre film del maestro Mario Monicelli, girato nel 1960 e che ha per protagonisti mostri sacri come Anna Magnani, Totò e Ben Gazzara. Favola triste del miracolo economico, racconta i tragicomici incroci di tre sventurati durante la notte di Capodanno, nella quale le azioni dell’uno (Gioia-Anna Magnani, comparsa di Cinecittà) intralciano gli altri due, che stanno approfittando dei festeggiamenti per mettere a segno un colpo. Sul valore del film non si discute, resta da vedere quanti, al botteghino, premieranno la scelta di riproporre un classico in un periodo di spietata concorrenza al box office. Il nostro consiglio, comunque, è di premiare ancora una volta il buon cinema italiano, considerata anche l’immotivata indulgenza nei confronti di tante produzioni scadenti d’Oltreoceano. 

TEMPORARY ROAD – (UNA) VITA DI FRANCO BATTIATO, di G. Pollicelli e M. Tani, con Franco Battiato, al cinema da Mercoledì 11 Dicembre

Un interessante esperimento su uno dei migliori artisti del panorama italiano, un collage di interviste e concerti che fa da sfondo all’interessante biografia di un Franco Battiato elevato dai due registi al rango di opera vivente. Temporary road è catalogabile in un genere non tipico della produzione nostrana, il cosiddetto Documentario Musicale, ed è di certo un’opera apprezzabile per il coraggio, ma alla lunga (70′) anche un personaggio poliedrico come Battiato stanca lo spettatore, che dal grande schermo si attende sempre più azione e meno riflessione. Nondimeno, merita anch’esso, come la maggior parte delle produzioni italiane di questo periodo, una possibilità non solo dal pubblico dei fan, ma anche da coloro che non si stancano con un film che richiede un po’ più di concentrazione e suggestione.
Ha detto 

Blue Jasmine, la trasformazione di Cate Blanchett. Nelle sale dal 6 Dicemebre

Il 6 Dicembre tutti pronti: esce il nuovo film di Woody Allen, Blue Jasmine! In pieno ritmo (96 minuti di girato) e in pieno stile di Woody Allen, Blue Jasmine vede la nevrotica newyorkese Cate Blanchett, divorziata e oppressa dai fallimenti della sua vita,  far rotta dalla sorella.

La sorella è buona, brava e sempre snobbata dalla bionda di città. I presupposti sono quelli amatissimi dal regista ebraico, ma stavolta il nevrotico isterico non è lui, ma una donna. Il cast è come sempre stellare con Alec Baldwin, Bobby Cannavale e la già citata Cate Blanchett che ha già vinto un premio per questa performance.

Ecco come Woody Allen ha descritto Jasmine:
– “Fin dal primo minuto del film si evince che Jasmine è una donna persa. Il fatto che lei si ritrovi a parlare da sola è sintomo di chi ha dei problemi evidenti”.
Ed ecco invece come la descrive Cate Blanchett:
– “Jasmine è in ‘caduta libera’, e deve lasciarsi alle spalle tutte le sue certezze, e le sue aspettative. Sta per percorrere un cammino oscuro ed ignoto, trasferendosi da una parte della costa all’altra, passando da uno status ad un altro, e da una classe sociale ad un’altra. La sua grande attenzione all’aspetto esteriore, o a quello che i vicini potessero pensare di lei, probabilmente l’ha fatta cadere nello stato in cui si trova quando opta di trasferirsi a San Francisco. È fuggita perché si sentiva giudicata dagli altri. E’ ben consapevole di quella che è ormai la sua reputazione, ed il suo desiderio di controllare il giudizio altrui, creandosi un guscio esteriore di facciata, le fa invece capire chi è diventata realmente”

Lupin III, al cinema in live action nel 2014

Torna l’eroe più furbo e scapestrato di tutti i tempi e, questa volta, in live action
Lupin III uscirà nelle sale cinematografiche nipponiche nell’estate 2014, proprio pochi mesi dopo l’uscita di Capitan Harlock (1 Gennaio 2014). 
Per chi ne avesse bisogno, ricordiamo che il personaggio di Lupin III nasce nel 1967 dalla mano del mangaka Monkey Punch (ispiratosi al ladro gentiluomo dei romanzi di Maurice Leblanc) .
Il film racconta di come Lupin incontra e conosce l’ispettore Zenigata e quelli che diventeranno in seguito i componenti della sua banda.
Il cast è interamente composto da occhi a mandorla: Shun Oguri (che per interpretare il ruolo di Lupin ha dovuto perdere ben 8 chilogrammi!) , Meisa Kuroki (Fujiko) , Tetsujy Tamayama (Jigen) , Gou Ayano (Goemon) , Tadanobu Asano (Zenigata) ; il ruolo dell’antagonista di Lupin è interpretato dall’attore sud coreano, di fama internazionale, Kim Joon.
La sceneggiatura è di Mataichiro Yamamoto ed il regista, Ryuhei Kitamura, ha preferito dare un tocco di modernità al tutto; infatti, poco prima delle riprese, ha affermato: 
Intendo cambiare gli stessi personaggi per renderli moderni. Sarebbe un nonsense per Goemon esistere nella società contemporanea indossando abiti da samurai e girando con una katana”. 
Ci aspettiamo molto da questo film, forse perchè è completamente made in Japan e non lascia spazio alle opinabili rivisitazioni americane (sembra superfluo ricordare il fiasco di Dragonball Evolution!).
Il cast del film
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Film in uscita a Dicembre 2013: parte 1

Le festività natalizie sono uno dei periodi migliori per andare al cinema e, non a caso, è proprio sotto l’albero che, il più delle volte, si trova il più ampio pacchetto di film in uscita. In questa mini rubrica in   più parti vi presenterò i 33 titoli in uscita a Dicembre 2013, divisi in blocchi da 3, in modo da far trovare a ognuno di voi il suo film per le vacanze!
INDEBITO, di A. Segre, con Vinicio Capossela, Theodora Athanasiou, Giorgis Christofilakis, al cinema Martedì 3 Dicembre. 
Vinicio Capossela più che un artista è un poliedro indecifrabile, sempre uguale e sempre diverso, sempre pronto a sorprenderci con una sfaccettatura che non conoscevamo e che testimonia la sua incredibile dimensione di genio a tutto tondo. Così, questa volta, lo ritroviamo sulle strade della Grecia della crisi alla ricerca di un genere musicale popolare, il rebetiko. “Dal turco rembet, che significa dei bassifondi, nasce questa musica popolare che incita alla vita e alla ribellione. Se gli uomini capissero che si vive una sola volta e mai più, non passerebbero il loro tempo come lo passano” sussurra l’evocativa voce di Capossela nel trailer. Il film, o per meglio dire il documentario, ha il merito di mostrarci il lato oscuro del mondo greco e, giocando sul termine “Indebito – in debito”, farci riflettere su quanto l’ossessione capitalistica (e, diciamocelo, europeistica) per il denaro stia cancellando il nostro debito nei confronti della cultura greca. Sarà al cinema solo per una sera, non perdetelo! 
DIETRO I CANDELABRI, di S. Soderbergh, con Michael Douglas, Matt Damon, Dan Akroyd, al cinema da Giovedì 5 Dicembre

La regia di Soderbergh è sempre garanzia di spettacolo e qualità e, in questo ultimo lavoro, il regista americano di origine svedese fa godere lo spettatore di quel suo particolare gusto per lo show già evidente in lavori precedenti come la serie di Ocean’s e Magic Mike. La storia è quella di Lovelace, uomo di spettacolo degli anni ’50, ’60 e ’70 e del suo amore omosessuale con Scott Thorson, interpretato da un Matt Demon ringiovanito da una parrucca bionda. Una storia che si preannuncia drammatica e divertente allo stesso tempo e che, come Milk, esplora le difficoltà di essere omosessuali nell’America degli anni ’70, in cui fare outing era tabù tanto quanto oggi è di moda.  L’opera è stata presentata lo scorso maggio a Cannes, ma non ha visto, negli USA, una distribuzione cinematografica (solo un passaggio televisivo) perché, a detta di Soderbergh, “era una storia troppo gay per gli Studios”.

BATTLE OF THE YEAR – La vittoria è in ballo, di B. Lee, con Josh Holloway, Chris Brown, al cinema da Giovedì 5 Dicembre

Classica favola americana sul riscatto di un ex allenatore (di basket) che vuole condurre alla vittoria una squadra americana alla Battle of the Year, la più importante competizione di break dance al mondo. Un po’ Never Back Down, un po’ High School Musical, il film punta sull’agonismo e sul ritmo trascinante del ballo, sacrificando, logicamente, la sceneggiatura e la trama. Favola simpatica, coinvolgente e scontata che farà da comparsa negli schermi natalizi, stretta nella morsa di una concorrenza spietata. Più in generale il film  è uno spaccato della cinematografia sportiva americana, rimasta ferma ai tempi del celeberrimo Miracle ma non in grado di raggiungere le stesse vette di pathos e lirismo.

A domani per la prossima puntata! In programma Blue Jasmine, di W. Allen e due produzioni nostrane: Il sud è niente e Italy amore mio.

Room 237: il mistero di Kubrick diventa documentario

Tratto dall’omonimo romanzo di Stephen King, Shining (1980) di Stanley Kubrick rappresenta sempre un cult per chi ama il cinema ma anche per i non addetti ai lavori.
Dopo 33 anni dalla sua uscita riesce sempre a suscitare quel senso di inquietudine e disagio che lo rende, a mio parere, fautore indiscusso della poetica horror moderna. Il film però presenta non poche incoerenze che, in tutti questi anni, sono state capaci di generare curiosità e diffidenza, e, nei più appassionati, hanno addirittura alimentato teorie “complottistiche” ed esoteriche.

È, appunto, a ciò che si cela abilmente tra una sequenza e l’altra di Shining, che guarda il documentario Room 237 di Rodney Ashley, uscito nel 2012 e finito direttamente al Quinzaine di Cannes dello stesso anno. 

Si guarda al dettaglio, alle imprecisioni ( piccoli oggetti che da una scena all’altra appaiono o scompaiono, il viso del regista che compare furtivamente tra le nuvole, un’erezione ecc…), investigando ogni singola sequenza “sospetta”; potrebbe trattarsi di semplici mancanze o sviste del regista, ma è certo che il documentario lascia spazio alle più recondite interpretazioni; tra le più accreditate quella che il film parli simbolicamente del genocidio dei nativi americani, di cospirazioni governative o addirittura dell’olocausto; in particolare viene molto assecondata l’interpretazione secondo cui il film racconti, tra le righe, del finto allunaggio dell’Apollo 11, del quale il regista, per motivi da decifrare, era a conoscenza.

Tutte spiegazioni degne di nota, ma non collaudate fino in fondo e che, a tratti, ci ricordano un po’ le manie “complottistiche” (al limite dell’assurdo!) di Adam Kadmon. Quel che è certo è che gli appassionati de “La Luccicanza” (come viene indebitamente tradotto in italiano Shining) saranno incuriositi da questo documentario e si ritroveranno sicuramente nelle parole di Ashley:

 “… Sono incastrato dentro Shining da sempre.
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Thor: The Dark World – Recensione Film

Il personaggio di Thor, basato sulla figura dell’omonimo dio del lampo e del tuono della mitologia norrena, pubblicato dalla Marvel Comics, rivive al cinema con “Thor-The Dark World” di Alan Taylor. Il nuovo regista, famoso per aver contribuito in alcuni episodi di telefilm come I Soprano e Il trono di spade, ha dato una visione diversa al nuovo film rispetto al primo atto. L’intento era quello di creare un mondo davvero credibile aggiungendo più dimensioni che non fossero semplicemente il palazzo o la sala del trono ma anche tutto quello che fa da contorno ad Asgard. La pellicola sembra molto più completa rispetto a quella del primo film. A partire dalla fotografia di Kramer Morgenthau, dal colore dato alle diverse ambientazioni e soprattutto al regno di Asgard. La visione, però, ha riportato alla mente alcuni richiami evidenti a Star Treck e Star Wars.

Alcuni li avevano ipotizzati già solo guardando il trailer, accentuato in alcune scene sicuramente dalla presenza di Natalie Portman nel ruolo di Jane Foster. Chris Hemsworth ritorna ancora più credibile nei panni di Thor. Diverse scene d’azione valorizzano ancora di più il suo personaggio e le scene con Jane evidenziano la loro intensa intesa e il loro rapporto di coppia. Loki, il fratello cospiratore, interpretato ancora una volta da un bravissimo Tom Hiddleston, è al centro della scena, perfetto in ogni tipo di situazione. Nel film la cosa che più emerge è la relazione tra Thor e Loki: il primo dotato di una malvagità affascinante, l’altro nella sua purezza pecca di ingenuità. 

La lotta del bene contro il male si evidenzia nel film in modo molto lineare. Il tutto, è aiutato da una colonna sonora efficace e dagli effetti speciali molto curati. Thor-The Dark World si propone come una delle migliori produzioni Marvel degli ultimi tempi, dove humor e dramma si mescolano e intrattengono il pubblico senza annoiare. Rimanete in sala fino alla fine e, dopo i titoli di coda, vedrete un collegamento a The Guardians of The Galaxy e all’universo di Stan Lee che non muore mai.
Sinossi del film: The Dark World continua l’avventura di Thor, il Mitico Vendicatore, impegnato a lottare per salvare la Terra e i Nove Regni da un tenebroso nemico che minaccia l’intero universo. Subito dopo gli eventi di Thor e The Avengers, il semi-dio combatte per ristabilire ordine nel cosmo… ma un’antica razza guidata dal malvagio Malekith ritorna ad avvolgere l’universo nell’oscurità. Davanti a un nemico che nè Odino nè Asgard sono capaci di affrontare, Thor deve imbarcarsi nel più pericoloso viaggio che abbia mai dovuto affrontare di persona, un viaggio che lo porterà a riunirsi con Jane Foster e lo constringerà a sacrificare ogni cosa per salvare tutti. 

Voto 8/10
Stefania Sammarro

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"Tutti i santi giorni" una commedia romantica dei giorni nostri – Recensione Film

Scena tratta dal film Ovosodo (1997).

Proprio ieri, in cerca di qualcosa di leggero e convinta che il film sarebbe stato all’altezza delle mie aspettative, ho scelto Tutti i santi giorni di Paolo Virzì, distribuito nelle sale cinematografiche nel 2012.

E’ doverosa però una premessa (per chi si aspetta forse una rilettura del film il più imparziale possibile!) : per me la “scuola Virzì” rappresenta il giusto mezzo; il giusto insegnamento, la giusta chiave di lettura, il giusto senso dell’umorismo, ogni cosa al suo posto.
Film come Ovosodo, L’estate del mio primo bacio, Caterina va in città ( per non parlare banalmente dei straordinari Tutta la vita davanti o La prima cosa bella) meritano senz’altro di essere visti, sia perchè ti lasciano qualcosa  sia perché alla fine ti ritrovi a pensare “..Ne è valsa DAVVERO la pena!” (e cosa si chiede di più ad un film?).

Ad ogni modo, Tutti i santi giorni racconta la storia di Guido (Luca Marinelli) ed Antonia (Federica Johanna Victoria), due giovani innamoratissimi l’uno dell’altra ma profondamente diversi. Lui è gentile, un po’ goffo e dotto, lei è bella , esuberante e con la passione per la musica.

Tra un buongiorno con caffè a letto e il desiderio di avere un figlio, si racconta della difficoltà di creare e nutrire un così strano e complesso rapporto d’amore; i due si ritroveranno ad affrontare insieme i problemi di ogni giorno e i fantasmi del passato, ma riusciranno ad incontrarsi, dimostrando così che, in fin dei conti, la diversità non è tutto.
Il senso di familiarità con cui vengono trattati i temi rende il film vivace e scorrevole, ci si sente quasi a casa. I personaggi sono saldi ed incuriosiscono al punto giusto ma, nonostante tutto, la sensazione predominante è che manchi qualcosa o che questo qualcosa non funzioni nel modo corretto.

Non scarseggia la pesata e regolare introspezione tipica dei film di Virzì e però, delle volte, sembra pressocchè una forzatura perchè manca di energia ed efficacia. Forse è la trama in sé che non presenta grandi spunti di riflessione oppure il fatto che i temi sono già nel complesso già triti e ritriti (basti pensare all’idea di una storia d’amore tra due persone agli antipodi…), comunque il risultato finale è un film “carino”. Niente a che vedere con le sopracitate pellicole dello stesso regista, in grado di suscitare grande ammirazione e sgomento generale (..quante lacrime e sorrisi ne La prima cosa bella!).

Però, nulla da rimproverare agli attori: non nascondo la mia stima per Luca Marinelli, che avevo già avuto il piacere di vedere in La solitudine dei numeri primi e che già all’epoca mi aveva affascinato; è versatile e sempre appropriato come, del resto, i film in cui decide di recitare.
La “sicilianità” di Federica Victoria piace, sembra l’adatto coronamento della diversità dei protagonisti
(Guido è un toscano doc e si sente!).

Da vedere? Ni. Meglio cominciare da altri film, se si vuole cogliere davvero l’arte del regista.

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Quentin Tarantino annuncia: "Sarà ancora una volta Western"

Dopo il successo mondiale di Django Unchained, coronato con 2 premi oscar, miglior attore non protagonista (Christoph Waltz) e miglior sceneggiatura originale, Tarantino ha annunciato che il suo prossimo film sarà ancora una volta un western.
Lo ha rivelato durante Tonight Show with Jay Leno, precisando che non esiste alcun collegamento con Django: “Voglio dirvi una cosa che non ho ancora svelato a nessuno: il genere. Sarà un western. Ma non sarà un sequel di Django, sarà un altro tipo di western. Mi sono divertito moltissimo durante la lavorazione di Django e amo talmente tanto i film western che dopo aver imparato come farne uno mi sono detto Ok! Adesso che so cosa sto facendo ne voglio girare un altro”.

Ma Tarantino è famoso per i suoi tanti progetti (pseudo) annunciati e lasciati poi circolare in giro per il mondo sotto forma di legende metropolitane (il terzo capitolo di Kill Bill, il prequel di Le Iene e Pulp Fiction incentrato sui fratelli Vega), e recentemente ha dichiarato di voler concludere questa ipotetica trilogia della vendetta (cominciata con Inglorious Basterds, seguito poi da Django Unchained) con un altro remake, semmai abbia senso parlare di remake riferendosi al cinema di Tarantino.
Dopo aver distrutto e riscritto le regole del gangster movie, mescolato le arti marziali con la nouvelle vague, Ernst Lubitsch con Enzo Castellari, Franco Nero e John Legend, Tarantino si appresta a continuare sulla strada del western, forse l’occasione per scavare ancora più a fondo nel singolo genere. Ha appena finito di digerire il western all’italiana, ha detto che sarà un altro tipo di western, chissà se stavolta toccherà al classico americano di Ford e John Wayne…

Parlando proprio di questo suo approccio eclettico al cinema di genere, lo scorse mese, durante il Busan International Film Festival (Corea del Sud) Tarantino ha confessato: “Quando faccio un film spero sempre di reinventare un po’ il genere, facendolo a modo mio. Ripropongo la mia piccola visione di ogni genere. Mi considero ancora uno studente di cinema ed è come andare a scuola ogni volta. Il giorno in cui prenderò la laurea sarà il giorno in cui morirò. E’ uno studio continuo, per tutta la vita”.